venerdì 10 maggio 2013

Letta in giro per l'Europa: poche idee, ma molto confuse

di Nicola Melloni
da Liberazione

Appena avuta la fiducia dal Parlamento, il neo Primo Ministro Letta si è imbarcato in un giro delle capitali europee che lo ha portato a Berlino, Parigi, Madrid. Una mossa non casuale e quanto mai opportuna: la crisi che attanaglia il Paese è, lo sappiamo benissimo, una crisi europea e solo a livello europeo può essere risolta. Giusto dunque andare a parlare con gli altri governi per trovare una soluzione.
Metodo giusto, ma inutile se non si hanno veri argomenti e vere proposte su come uscire dalla crisi. Gli unici ad avere una posizione ferma e stabile sono i tedeschi: la ripresa può avvenire solo con la deflazione interna, la disoccupazione, i salari più bassi così da rilanciare le esportazioni e, di seguito, la crescita. Il modello tedesco di dieci anni fa, dicono a Berlino. Dimenticando qualche particolare, come ricordato da Martin Wolf sul Financial Times: la Germania ha potuto attuare la famosa ristrutturazione della sua economia grazie alla presenza di una forte e moderna industria manifatturiera; e lo ha fatto in una situazione macroeconomica mondiale totalmente diversa dalla presente, con la domanda molto elevata, finanziata soprattutto dai crediti dei paesi esportatori, la Cina, in primo luogo, e poi la Germania stessa. Semplificando, così come i cinesi prestavano dollari agli americani per comprare beni cinesi, così gli euro tedeschi finanziavano le spese spagnole, irlandesi, etc… rivolte soprattutto verso l’acquisto di beni prodotti in Germania.
Una situazione non replicabile: per prima cosa in molti paesi europei l’industria manifatturiera è debole, impreparata, o marginale. Solo l’Italia, con un ritardo decennale in termini di produttività ed innovazione, e parzialmente la Francia, hanno settori industriali di un certo spessore. Ma anche in questo caso la ricetta tedesca è inapplicabile. Il punto fondamentale è che per vendere c’è bisogno di avere compratori, cosa di cui c’è assoluta carenza in una situazione di crisi internazionale. Per di più i tedeschi, invece di fare la loro parte, cioè i compratori, in questo caso, spingono loro stessi sul pedale dell’austerity comprimendo artificialmente la propria economia e le loro importazioni.
Puntare sull’export, dunque, è una strategia perdente, che prolungherà la crisi, che comprimerà i salari e aumenterà (ancora) la disoccupazione senza riuscire a rilanciare la crescita. Su questo si dovrebbero concentrare Italia, Spagna ed anche Francia. Che dovrebbero formare esattamente quello che Letta ha accuratamente escluso, una lega anti-tedesca per ristabilire un ordine economico alternativo a livello europeo. Invece il nostro Primo Ministro continua a predicare la parabola dei conti in ordine, quando ormai è chiaro a tutti che è la crisi ad aumentare il debito, e non il debito a causare la crisi – anche se è ovviamente vero che il debito accumulato nel passato rappresenta comunque un macigno per l’economia italiana. Che va però affrontato a tempo “debito” e non nel mezzo della recessione.
Quello di cui c’è bisogno è un rilancio della domanda interna, sia pubblica che privata. Letta a Parigi e Madrid ha parlato di crescita ma non ha capito che questa crescita può avvenire solo abbandonando tout court l’austerity che invece ha riaffermato a Berlino: una vera e propria contraddizione in termini. Sia chiaro che Letta non è il solo colpevole, il governo spagnolo è sordo e muto davanti alla crisi e anche Hollande, che pure chiede (e ottiene) più tempo per abbassare il deficit, adotta nella sostanza il modello tedesco flessibilizzando il mercato del lavoro per diminuire i salari.
Il tour europeo è stata una perdita di tempo. A Berlino si è ammiccato ai tedeschi, a Parigi si è brindato con i francesi: per gli italiani, tante parole e nessun fatto.

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