martedì 9 aprile 2013

Margaret Thatcher: il peggio del neoliberismo

di Nicola Melloni
da Liberazione

Dopo la morte di Bobby Sands, avvenuta a seguito dello sciopero della fame che i prigionieri dell’Ira stavano conducendo per rivendicare un trattamento decente in carcere, Margaret Thatcher ebbe a dire, senza tanti giri di parole:“Bobby Sands era un criminale”. Oggi, dopo la morte della Lady di Ferro, la onoriamo ricordandola nel suo stile: Mrs Thatcher era il peggio che la politica europea e, forse, occidentale, abbia prodotto dai tempi della Seconda Guerra Mondiale.
Sulla sua grandezza storica non ci sono dubbi. Lady Thatcher caratterizzò gli anni 80 come nessun altro in Europa e il suo lascito culturale, politico ed economico è ancora vivissimo oggi, non solo in Gran Bretagna ma in tutto il Vecchio Continente. La sua vita politica fu caratterizzata da una serie di guerre, da una lotta instancabile contro i suoi nemici: i sindacati, gli irlandesi, i comunisti, gli argentini. Vinse quasi sempre, anche se non sempre per meriti propri.
Ma questa sua forza politica non ha il benchè minimo connotato positivo. Il suo lascito politico è tremendo ed osceno: un primo ministro che affamò il suo popolo, che fece a brandelli l’idea di democrazia come luogo politico dove maggioranza e minoranza convivono civilmente. Trasformò la Gran Bretagna in un paese di vincitori e di vinti, schiacciando i secondi che non a caso definì il “nemico interno”. Sintetizzando, in maniera corretta, quello che successe in quegli anni: una guerra civile. Una guerra civile dei ricchi contro i poveri, dei padroni contro gli operai, dei privilegiati contro gli oppressi. Una guerra civile che fosse stato per la signora Thatcher avrebbe dovuto essere pure più cruenta: nel 1981, nel mezzo delle proteste a Liverpool, tentò di armare la polizia, minacciò di affamarne la popolazione tagliando tutti i fondi, neanche parlassimo di un assedio medievale, e prese addirittura in considerazione di evacuare parte della città.
Il decennio di governo della Thatcher fu caratterizzato da scioperi, licenziamenti, proteste, famiglie distrutte, scontri di piazza, tasse sui più poveri (basti ricordare la poll tax), intere comunità ridotte alla fame. Non può sorprendere, dunque, che ci siano milioni di britannici che hanno odiato la Lady di Ferro e non sono pochi quelli che, alla notizia della sua morte, hanno gioito. Ci sono grandi città come Liverpool dove i Tories non eleggono nemmeno un consigliere comunale – qualcosa di inimmaginabile in qualsiasi altra parte d’Europa. E parti del paese in cui essere conservatori è semplicemente inimmaginabile.
Per anni si è sostenuto, a destra ma anche in parte di una certa “sinistra”, che le sue “riforme”, per quanto cruente, modernizzarono la Gran Bretagna. Ora i suoi orfani sono lasciati anche senza questa consolazione. Il modello economico proposto dalla Thatcher mostra proprio ora tutti i suoi limiti, ineguaglianza alle stelle, una società divisa, la mobilità sociale più bassa d’Europa, una crisi finanziaria e poi economica che è figlia diretta delle politiche neoliberiste di quegli anni – poi vergognosamente continuate dal suo delfino laburista, Tony Blair.
In realtà si trattò di una politica ferocemente ideologica, come nello stile del personaggio. Da una parte la convinzione che la società non esistesse, che contassero solo gli individui, un darwinismo sociale che ha riportato le lancette della storia indietro di quasi un secolo. Dall’altra un gigantesco esempio di ingegneria sociale sintetizzato dall’idea che “l’economia sia solo un mezzo, lo scopo è cambiare il cuore e l’anima delle persone”, una frase che, ironicamente, sarebbe piaciuta a Stalin o a Mao. Un furore ideologico tanto sfrenato che portò la Thatcher a definire Mandela un terrorista e da farle invece difendere con forza la causa di Pinochet. Rivelandola, in fondo, per quel che era: una reazionaria feroce, senza pietà per cui ogni mezzo era lecito per far prevalere la sua agenda politica.
Non era un avversario. Era un nemico. E dei peggiori.

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