lunedì 18 marzo 2013

A Cipro l’Europa si suicida


di Nicola Melloni

da Liberazione

Quello che sta succedendo a Cipro rischia di essere davvero l’ultimo chiodo sulla bara dell’Europa. Dopo l’ondata di proteste in Spagna, Portogallo e pure in Francia, dopo il voto italiano, dopo che anche Monti ha trovato il coraggio di andare a Bruxelles a dire che l’austerity non funziona, ci si aspettava un cambiamento nell’approccio della Ue alla crisi. E tale cambiamento pare ci sia stato, solo non nella direzione che tutti si aspettavano. A Cipro, infatti, si è deciso di passare dall’austerity alla confisca diretta dei beni.
La storia dell’isola mediterranea è interessante. Una sorta di paradiso fiscale inserito nella Ue, Cipro è una delle mete preferite dei “nuovi Russi” che hanno qualcosa da nascondere e soprattutto qualche rublo da riciclare. Magari per rinvestirlo proprio in Russia ad una tassazione favorevole. Dunque l’isola ha un sistema bancario iper-sviluppato rispetto alle reali esigenze dell’economia cipriota (circa otto volte maggiore), una situazione simile a quella dell’Islanda qualche anno fa. Ora, davanti ai problemi di alcune banche, colpite in particolare dalla crisi greca e la mancanza di fondi del governo, ancora una volta si ricorre al bail out europeo. Che come sempre arriva con qualche condizione.
In questo caso, date le piccole dimensioni dell’economia, l’austerity non bastava e si è dunque passati alla confisca. Cosa che era stata ampiamente preventivata. In Islanda, per rimanere al paragone precedente, le perdite erano state inflitte ai depositi intestati a stranieri, in particolare olandesi ed inglesi. Ci si poteva aspettare qualcosa di simile a Cipro, punendo in questo caso gli oligarchi russi. O se anche si volevano colpire altri depositi, era realistico aspettarsi che un hair-cut, una tassa, fosse imposta solo sui conti correnti più ricchi, quelli sopra i 100 mila euro. Anche perché, ricordiamolo, all’interno della Ue esiste un'assicurazione per tutti i depositi inferiori a quella cifra – una posizione ribadita dalla Ue appena un mese fa dopo che la corte dell’Efta, l’area economica europea, aveva dato ragione all’Islanda (paese non membro Ue) che non aveva invece protetto i depositi stranieri di qualsiasi ammontare.
Ed invece, la trojka ha pensato bene di contraddire se stessa e venire meno a qualsiasi principio non solo di equità ma anche di saggezza. Una tassa del 9,75% è stata messa sui depositi superiori ai 100mila euro, ed al contempo una ritenuta del 6,5% è stata imposta su tutti gli altri depositi. Il tutto accompagnato da una chiusura temporanea delle banche, senza possibilità di prelievo, per evitare fughe di capitali nei prossimi giorni – per altro già abbondantemente iniziate nei giorni scorsi. In sostanza, una patrimoniale sui poveri per salvare gli oligarchi russi (e non solo). Una decisione drammatica che va a colpire tutti i redditi in maniera molto simile, quasi lineare, sfavorendo ovviamente i redditi più bassi. Gli investitori non subiscono perdite, e pure i titolari di depositi stranieri se la cavano tutto sommato a buon mercato – una tassa di meno del 10% è davvero un prezzo molto basso quando comparato ai risparmi generati dalle attività di evasione ed elusione fiscale che hanno portato i capitali a Cipro. In termini pratici, si è preferito far pagare tutti per evitare un prelievo troppo alto sui depositi esteri che se la sarebbero data a gambe levate affondando definitivamente il sistema bancario cipriota. L’obiettivo è dunque salvare le banche ma anche lo status di paradiso fiscale dell’isola.
La decisione pare sia avvenuta, come spesso in questi casi, con un vero e proprio ultimatum dei paesi del Nord guidati dalla Germania: prendere o lasciare, un’arroganza accresciuta dal fatto che, date le dimensioni dell’isola, l’Euro non avrebbe subito contraccolpi anche in caso di uscita di Cipro dalla zona Euro. Un vero e proprio ricatto ed uno schiaffo in faccia ai principi più basilari di equità sociale che rischia però seriamente di non passare il voto nel Parlamento cipriota. Ecco allora che pare possibile in queste ore un compromesso che abbassi la tassa sui depositi inferiori a 100 mila euro e la accresca per i correntisti più ricchi.
Sarebbe una scelta di buon senso, ma solo parziale. Non solo pare davvero ingiusto intaccare, in qualsiasi forma, i depositi della popolazione cipriota, ma, soprattutto, si manda un segnale equivoco al resto dei paesi europei in difficoltà. In buona sostanza il messaggio per i correntisti è: occhio, se i vostri paesi saranno in difficoltà i soldi verremo a prenderveli direttamente in banca. L’effetto potrebbe essere disastroso nei casi spagnolo e portoghese, dove il sistema bancario pare a pezzi, ma anche in Italia (basti pensare a Mps) e pure in Francia si rischia di creare una situazione da bank run non appena le cose ricominceranno ad andare male. Il rischio è, con l’effettivo decadere della garanzia sui depositi, che si crei una situazione di fuga dei correntisti dalla banche nazionali che dissanguerebbe le economie dei Piigs. L’ultimo tassello verso l’implosione dell’euro.

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