giovedì 15 novembre 2012

Da Roma a Madrid: il braccio violento della legge

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Le immagini che proponiamo nel post qui sotto sono inequivocabili. Una volta di più, in Spagna come in Italia (e come in Grecia, ricordiamolo) la polizia si rende protagonista di violenze gratuite sui manifestanti. Un clima da Sud-America con le cosiddette forze dell'ordine ormai ridotte a squadracce fasciste con il solo obiettivo di intimorire i manifestanti e di dar loro una lezione. Non è ordine pubblico.
Nella maggior parte degli scontri si vede con chiarezza che le cariche partono dalla polizia di fronte a manifestanti che non tirano oggetti, non sono violenti, ma vogliono invece occupare strade, ponti e ferrovie. Interruzione di servizio pubblico? Può darsi. Ma le cariche non paiono una risposta adeguata.

La immagini sottostanti sono di violenza pura. In Spagna un bambino di 13 anni è stato inseguito e picchiato, gli hanno spaccato la testa. In Italia i video che proponiamo sono molto chiari, violenza bestiale su manifestanti inermi. Davanti a queste immagini il Ministro Cancellieri offre la sua solidarietà ai poliziotti invece di prendere ferma distanza da questi metodi da "macelleria messicana". Offre cioè una copertura politica ai picchiatori. Si deve dimettere, subito. Un ministro inadeguato con una spiccata preferenza per il sopruso e la violenza.

Davanti a queste immagini le violenze degli studenti non possono che passare in secondo piano. Uno Stato violento genera, per forze di cose, una società violenta. Quando sono gli uomini in divisa a violare la legge, allora la legge non esiste. Sbaglia clamorosamente Giannini questa mattina su Repubblica quando dice:

Ma le scene degli agenti che inseguono e circondano qualche manifestante isolato, e poi in gruppo lo riempiono di manganellate sul corpo e sul viso, tenendogli perfino ferme le mani, suscitano la stessa riprovazione di un black bloc che brandisce una mazza da baseball di fronte a una "guardia"

No, non possono suscitare la stessa riprovazione. Quando l'ordine pubblico diventa disordine e vendetta privata allora davvero è ridicolo pensare che i manifestanti possano essere messi sullo stesso piano della polizia. Se un calcio di un manifestante vale 1 anno di reclusione, un calcio di un poliziotto deve valerne almeno 10.  Le divise sono indossate per mantenere l'ordine non per applicare il terrore. Ogni calcio di un poliziotto è un calcio che lo Stato dà ai suoi cittadini. Nè in verità si è visto nessun gruppo di manifestanti infierire su un poliziotto inerme - anche questo conta, perchè se condanniamo tutte le violenze, bisogna anche saper distinguere tra violenza e violenza.

E soprattutto l'effetto di questi calci in divisi è controproducente al massimo. Per ogni manganellata data a tradimento ci sarà, la prossima volta, un volto coperto in più, un casco in più, una guerriglia in più. E sarà sbagliato, sia chiaro. Perchè si manifesta a volto scoperto, fieri della propria faccia e della propria lotta. E senza violenza. Ma pur sbagliando, non possiamo non capire le ragioni di chi esasperato da una furia selvaggia che non viene (quasi) mai punita, non si fida più dello Stato. E decide quindi di coprirsi la testa per evitare che gliela spacchino.

Se vogliamo che tutte le violenze smettano, allora deve iniziare lo Stato a dare il buon esempio. Reprimere i facinorosi è giusto, bastonare i manifestanti no. I poliziotti violenti devono essere individuati e puniti dalla polizia stessa e dalla magistratura. I loro commilitoni omertosi pure. Un nuovo metodo di ordine pubblico deve essere immediatamente intrapreso. Ed una nuova cultura della legalità deve essere fatta propria dalle forze dell'ordine. In strada, come in caserma.


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Violenza di stato


Di seguito proponiamo una serie di immagini sulle violenze della polizia in Spagna ed in Italia:

Un bambino inseguito e picchiato in testa dalla polizia a Tarragona (e una ragazza malmenata perché protestava)




Un ragazzo inerme steso a terra e manganellato in faccia, a Roma




Al seguente link si può vedere uno studente preso a calci in faccia dopo esser caduto per terra




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