giovedì 25 ottobre 2012

Dio, Patria e... Portafoglio
di Simone Rossi 

Ogni anno nel mese di ottobre fioriscono papaveri rossi su giacche e cappotti degli inglesi; una fioritura che comincia discreta e rada a metà mese ed esplode ai primi di novembre. Il papavero è il simbolo del Giorno del Ricordo, Remembrance Day, che si celebra ogni anno il 11 novembre, anniversario dell'armistizio con cui si concluse la Grande Guerra nel 1918. Pur ricorrendo nella data dell'armistizio, la giornata è un momento di ricordo ed omaggio per i caduti, militari e civili, delle due grandi guerre e, un po' vagamente, degli altri conflitti in cui hanno combattuto le forze armate britanniche. Nelle settimane precedenti al Giorno del Ricordo, l'organizzazione dei veterani delle forze armate, la Royal British Legion, predispone presidi e banchetti nelle zone nevralgiche di paesi e città per raccogliere fondi da destinare alle attività di assistenza agli invalidi di guerra, alle famiglie dei caduti ed ai pensionati; ad ogni donatore è appuntato un papavero rosso, artificiale, al bavero.

L'occasione diventa un momento di raccoglimento sugli orrori delle guerre mondiali, di unità intorno alla memoria storica nazionale, in cui, però, trovano anche spazio il sentimento patriottardo, dal sapore imperialista, che giace latente nella società britannica e che rende normale una presenza delle forze armate nella vita quotidiana che può apparire alquanto pervasiva per chi proviene dall'Italia. Tale presenza può essere da un lato un sintomo del fatto, peraltro positivo, che le forze armate non siano un corpo estraneo alla società, uno stato nello stato, ma dall'altro appare il residuo di un passato che non passa, fatto di imperialismo e di sciovinismo. Un tratto che emerge chiaro nei suoi toni nel momento in cui entrano in gioco le missioni di guerra all'estero, quando nella retorica dei politici e dei mezzi di informazione le truppe diventano "nostre" ed i caduti sul campo "eroi", senza troppo spazio alla critica verso le motivazioni che spingono i governi di Sua Maestà ad intervenire con la forza in terre lontane. Una critica che non è neanche ammessa nel momento in cui lo Stato, con una campagna pubblicitaria a tratti martellanti, invita i giovani ad arruolarsi, per imparare un mestiere, per svolgere un'esperienza lavorativa da inserire nel curriculum personale, magari viaggiare. Insomma, la guerra un lavoro come un altro, la morte un incidente di percorso.

Secondo il Tenente Generale Sir John Kiszely le celebrazioni del Giorno del Ricordo sono un’occasione per tessere una rete di contatti e lui, all’epoca presidente della Royal British Legion, ha buoni contatti presso il Ministero della Difesa. Questo il consiglio dato dall’ufficiale britannico a colui che pensava essere il lobbysta di un’impresa che opera nel settore degli armamenti, cui proponeva di offrire i propri servigi. Parole di troppo, incautamente proferite ad un giornalista in incognito, che gli sono costate il posto presso la Legion e che hanno brevemente aperto uno squarcio sul legame tra affari, politica e guerra. La prassi di offrire buoni uffici alla lobby delle armi sembra estendersi al singolo caso di Kiszely, sebbene al momento solo egli abbia in qualche modo pagato, forse più per la propria loquacia che non per il fatto in sé. Secondo un’indagine effettuata dal quotidiano The Guardian, negli ultimi sedici anni circa tremilacinquecento impieghi in aziende che producono armamenti sono stati affidati ad ufficiali delle forze armate ed a funzionari della Difesa, con un incremento di nuove assunzioni nell’ultimo biennio, in cui il Regno Unito si è imbarcato nella guerra in Libia e sta scaldando i motori per il prossimo conflitto in Medio Oriente. Di questo sistema “delle porte girevoli” beneficiano non solo coloro che si dilettano con il mesterie della guerra, ma in generale molti di coloro che ricoprono incarichi di responsabilità pubblica ed ottengono impieghi o consulenze ben retribuite nel settore privato.una volta lasciatili. Non è un mistero che la guerra sia un affare delle élite al potere in ogni Paese, ma ricordarlo alle anime belle che si lasciano affascinare dalla retorica sulla patria, sulla guerra umanitaria , sull’esportazione della democrazia in salsa occidentale è doveroso. Specialmenete alla vigilia del Giorno del Ricordo in cui tutti, volenti o nolenti, tributeremo il minuto di silenzio per i “nostri” “eroi” e saremo pressantemente chiamati a lasciare un obolo per quella Royal British Legion che fino a pochi giorni fa era guidata da Kiszely.

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Cinque punti per la dignità


Si parla pochissimo della trattativa Stato-Mafia, argomento che pare al di sopra della legge, quindi lo si imbavaglia agli occhi  ed orecchie dell'opinione pubblica. Bollato come sproposito l'atto di costituirsi parte civile nel processo in corso, che dovrebbe invece di rappresentare un'esigenza del Governo stesso in nome di tutti i cittadini, rimettere in piedi l'Anti-mafia diventa una necessità impellente. E la campagna elettorale di un Centrosinistra con vera aspirazione a far chiarezza e a smarcarsi da ogni minimo sospetto di mercimonio  con le mafie dovrebbe farne una pietra miliare del programma. Raccogliamo e diffondiamo questo appello.

L’autunno elettorale sarà caldo. Questo ormai lo sappiamo tutti: si voterà in Sicilia, a Roma – Polverini e squallidi giochetti politici permettendo – e, soprattutto, alle Primarie del Centrosinistra. Si tratta di un appuntamento che coinvolgerà tutto il paese e che delineerà le politiche che la coalizione più accreditata per la vittoria finale dovrà intraprendere di qui a cinque anni.
Siamo ormai abituati a riscontrare che la personalizzazione nella politica – italiana e non – sia l’unico metro di giudizio dei media e dell’opinione pubblica. Renzi meglio di Bersani. Vendola meglio di Bersani. Bersani meglio degli altri due. E via dicendo. Ci si sofferma molto poco sulle proposte di Governo. Quelle concrete, che vadano al di là di linee guida ideal-tipiche su cui si fonda la visione dei vari sfidanti.

Come associazione antimafia impegnata sul territorio vorremmo, perciò, riportare il discorso su livelli più modesti; quei livelli con cui noi siamo abituati a confrontarci giornalmente. L’iniziativa che qui proponiamo si inscrive di diritto in quelle pratiche bottom-up (dal basso verso l’alto, dalla base ai vertici dei Partiti) di cui spesso si sente parlare, ma che raramente vengono messe in atto. Ci mobilitiamo con le nostre poche forze, nella speranza che chi come noi, trasversalmente alle appartenenze di partito, si impegna in altri campi del sociale, anche i più disparati, possa fare lo stesso.
Esistono temi, difatti, che precedono le rivalità personali e partitiche: temi che sono alla base del nostro agire democratico e sono i fondamenti stessi della Costituzione Repubblicana, la nostra Bibbia laica. Tra questi c’è sicuramente la lotta alla criminalità organizzata da Nord a Sud, indipendentemente dal colore dei colletti che i mafiosi portano al collo. Non vogliamo dare lezioni di sociologia di criminalità organizzata: per noi basta sapere che la mafia è l’esemplificazione della diseguaglianza sociale, del privilegio e dello sfruttamento.
La più grande “impresa” italiana, quella di cui andare meno orgogliosi.
La mafia, come un camaleonte, muta pelle in continuazione ed è capace di adattarsi alle realtà nelle quali si infiltra e si radica . Per questo motivo servono azioni di contrasto efficaci ed all’altezza dei tempi.

Noi vorremmo, perciò che questo elenco venga recepito da tutti i candidati alle Primarie e, in futuro da tutti i Candidati premier.


1) Riforma dell’articolo 416ter per punire il reato e la pratica dello scambio del voto, non solo quando si riscontra una dazione di denaro in cambio del voto, bensì anche quando lo scambio avviene attraverso qualsiasi altro mezzo (materiale o immateriale, una semplice promessa)

2) Così come richiesto da Libera, chiediamo la posta in essere effettiva delle Convenzioni Internazionali in materia di lotta alla corruzione, se non approvate durante questa legislatura, ma soprattutto la confisca dei beni ai Corrotti, così come disposto dalla Finanziaria 2007. Non c’è bisogno di aggiungere altro: lo scandaloso esempio di questi tempi da solo dimostra l’urgenza di una convergenza di tutte le forze politiche che abbiano a cuore la nobiltà della politica stessa.

3) Miglioramenti effettivi nell’iter di confisca e riassegnazione dei beni confiscati alla mafia, in modo da non dover attendere decine di anni prima di far ripartire un’impresa confiscata, facendo perdere il lavoro a persone oneste, rendendo improduttivi terreni e piantagioni oppure lasciando deperire macchinari ed impianti fino a raggiungere l’obsolescenza. Gli esempi possono essere Commissari Straordinari con competenze nel settore della gestione dell’azienda confiscata responsabili non di dismettere l’azienda stessa, quanto piuttosto di farla rimanere sul mercato per poter competere durante il - lungo - periodo del sequestro. In questo modo verrebbero fatti salvi anche i diritti del titolare dell'azienda che, anche una volta provata la sua estraneità alle accuse, non dovrà ripartire da zero ma potrà proseguire da dove aveva interrotto il suo cammino imprenditoriale.

4) Un’anagrafe dei beni confiscati che non si limiti a segnalare l’assegnazione dei beni o lo stato di questi, ma che dia conto del lavoro di chi ha in gestione questi beni pubblici. Anche l’antimafia deve avere un rigore morale e formale, che conformi l’attività svolta nei beni confiscati alle mafie secondo le best practices dei vari settori, dal sociale all’imprenditoriale.

5) Sgravi fiscali per gli esercenti del settore della ristorazione che si impegnano a tenere una percentuale minima di prodotti (accuratamente certificati) provenienti dai terreni confiscati alle mafie; con l’impegno di estendere i suddetti sgravi in futuro a tutti gli altri settori che si potranno avvalere, per lo svolgimento della propria attività economica, dei prodotti provenienti dai terreni e dalle imprese confiscate. Non si tratta di aiuti di Stato alle imprese, si badi bene. È un aiuto dello Stato a sé stesso, per sconfiggere anche economicamente la criminalità organizzata e responsabilizzare, attraverso una logica di mercato – cosa che si confà certamente all’impostazione dell’Unione Europea – gli imprenditori del settore ad una più ricercata selezione dei prodotti.


Sono misure concrete, che potrebbero dare il segno che c’è una politica migliore oltre il marcio che l’ha ricoperta in questi anni. Piccoli passi per riprendersi uno spazio di pubblica discussione ormai lasciato a qualche talk-show e all’infotaiment. Ritornare a discutere di Politica, a fare Politica è ancora possibile. Partire da una base comune crediamo possa essere un buon inizio.

Vi chiediamo di diffondere il più possibile per poter far arrivare la nostra voce ad altre associazioni e altre realtà che possano costruire un programma condiviso dai partiti di coalizione e anche a forze che ora non partecipano alle primarie. Su temi come la lotta alla criminalità organizzata non è solo possibile. È un dovere.


Associazioni e singoli possono aderire al nostro appello inviando una mail all'indirizzo cinquepuntiantimafia@gmail.com

Twitter hashtag: #CPD (cinque punti per la dignità)