martedì 16 ottobre 2012

Tutte le donne di Barack





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Progetto ESOPO. Tutelare i propri diritti conoscendoli
Di Silvia Fabbri e Simone Rossi 

Sabato 13 ottobre è stato presentato presso la sede del patronato INCA CGIL di Londra il risultato della fase conoscitiva del progetto ESOPO (Europe Sociale Opportunités Portes Ouvertes) finanziato dalla Commissione Europea e promosso dai patronati INCA di sei Paesi europei: Francia, Belgio, Italia, Regno Unito, Slovenia e Spagna con INCA Francia capofila del progetto. Obiettivo del progetto è valutare e allo stesso tempo favorire la conoscenza che i cittadini UE ed extra-UE hanno dei diritti connessi alla libera circolazione all'interno dell'Unione, con specifica attenzione ai servizi socio-sanitari. La valutazione è stata effettuata sottoponendo un questionario di 60 domande ad un campione di oltre ottocento persone residenti nei sei Paesi parte del progetto. Dai dati raccolti dal campione ed elaborati dall'IRES (Istituto di Ricerche Economiche e Sociali), si desume che la conoscenza di questi diritti è incompleta, frammentata, in particolare lungo una linea di demarcazione che spesso coincide con il tasso di scolarità e con la situazione occupazionale, essendo i lavoratori irregolari esclusi dai canali di comunicazione sindacali o istituzionali. I risultati della ricerca hanno in particolare messo in evidenza la mancanza di una “conoscenza preventiva” dei diritti di previdenza sociale, vale a dire che il cittadino migrante ne viene a conoscenza solo nel momento in cui ha bisogno di usufruire di determinati servizi. Ad esempio, la ricerca ha evidenziato che il 47% degli oltre 800 cittadini che hanno completato il questionario non conosce i regolamenti comunitari sulla sicurezza sociale (con punte ancora più alte in Italia e Gran Bretagna) e che oltre il 40% non è a conoscenza della Tessera Europea di Assicurazione Malattia. Questo è principalmente dovuto al fatto che spesso l'accesso a queste informazioni avviene attraverso il circolo delle proprie conoscenze e raramente attraverso i canali istituzionali. Nel complesso sembra esserci una generale e diffusa conoscenza delle norme comunitarie, ma poca consapevolezza sugli aspetti specifici riguardanti i diritti degli immigrati senza cittadinanza UE e sull'estensione anche ad essi della copertura assistenziale e previdenziale.

L'indagine ed il progetto in sé sono stati sviluppati in un momento in cui lo stato sociale è sotto attacco in gran parte dei Paesi europei e, come ha affermato Marisa Pompei, responsabile del patronato di Londra ed organizzatrice dell'evento, la conoscenza delle normative europee e dei diritti che ne discendono sono un requisito essenziale per porre in essere le misure adeguate di difesa e tutela di questi diritti. In particolare, suscita preoccupazione quanto affermato dal Ministro degli Interni britannico, Theresa May, in merito alla volontà dell'esecutivo di cui fa parte di porre vincoli alla libera circolazione dei cittadini europei ed ai diritti ad essa connessi iniziando con il limitare i diritti dei cittadini migranti di nazionalità romena e bulgara. Sarebbe così messo in discussione uno dei pilastri comunitari fin dagli albori del processo di integrazione europea (il regolamento sulla sicurezza sociale dei lavoratori migranti è stato, infatti, uno dei primi regolamenti emanati dalla neonata Comunità Economica Europea nel 1958).

ESOPO sarà completato attraverso una serie di sessioni nelle capitali dei sei Paesi parte del progetto in cui verranno presentati e discussi i risultati della ricerca insieme a coloro che vi hanno preso parte rispondendo ai questionari e ad esperti di diritto e di politiche comunitarie, con l'auspicio di raccogliere esperienze e suggerimenti sulla questione. I risultati verranno trasmessi anche alle istituzioni quali la Commissione Europea e i Ministeri competenti degli Stati nazionali e ai sindacati e associazioni della società civile. Stante la dimensione del campione e la modalità con cui è stato raggiunto, vale a dire prevalentemente attraverso i canali sindacali ed associativi, uno dei quesiti che l'esito del progetto pone è quello della modalità con cui raggiungere la gran parte dei cittadini non toccati dalla comunicazione istituzionale ma che, come cittadini migranti o potenziali futuri migranti, sono toccati in prima persona da queste tematiche. A fronte del ridotto tasso di sindacalizzazione in alcuni paesi e della scarsa partecipazione in attività associative o comunitarie, è necessario condurre una campagna comunicativa diffusa sul territorio. In questo senso, l'Osservatorio per le Politiche Sociali in Europa dell'INCA Belgio lancerà a breve un Passaporto dei Diritti, redatto in tre lingue (inglese, francese e tedesco ).

Per maggiori informazioni e per consultare le date delle prossime sessioni informative, si può consultare il sito del progetto ESOPO al link: https://sites.google.com/site/esopoeuropesociale/


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Regno (Dis)Unito

di Nicola Melloni

Dopo due anni e mezzo di governo di coalizione i nodi stanno venendo tutti al pettine. C’era da aspettarselo d’altronde. Il programma dei Conservatori era chiaro fin dall’inizio: tagli, tagli, ancora tagli. E licenziamenti di massa nel settore pubblico. L’obiettivo era (ed è) ridurre deficit e debito con la speranza che il settore privato crescesse e rilanciasse, allo stesso tempo, l’occupazione. La spiegazione: accrescere la fiducia dei mercati con comportamenti di spesa pubblica virtuosi.
Ma si tratta di un classico esempiO di voo-doo economics. I tagli, l’austerity, riducono il Pil, ci sono meno soldi in circolazione, i licenziati riducono il proprio consumo ed il paese entra in recessione. Il settore privato si comporta esattamente all’opposto di quello predetto dagli apprendisti stregoni conservatori, invece di investire rallenta, giustamente preoccupato da consumi troppo bassi. Non si tratta nemmeno di crisi di liquidità del settore finanziario: semplicemente le aspettative degli imprenditori sono negative, grazie soprattutto alla cura di Cameron e Osborne. E’ una storia che, ovviamente, in Europa abbiamo già visto diverse volte, dalla Grecia, alla Spagna all’Italia. Ma sotto molti aspetti la situazione britannica è ancora più grottesca e paradossale. Infatti, grazie all’esistenza della Banca d’Inghilterra e al suo costante interventismo, i tassi di interesse inglesi non sono mai stati sotto pressione. Questo avrebbe ovviamente permesso al governo una ben maggiore libertà di manovra nella politica fiscale. Che non c’è stata, confermando in maniera inequivocabile che l’austerity non è una coincidenza, ma un programma ideologico. La cosa preoccupante è però il totale distacco dalla realtà di cui sono vittime questi pseudo-liberali. Uno può anche essere convinto dell’importanza del mercato, ma dovrebbe avere almeno l’umiltà di confrontarsi con i dati di fatto. L’austerity contraddice qualsiasi rispettabile dottrina economica della crisi – i tentativi di dare una spiegazione teorica coerente ai tagli si sono rivelati infruttuosi nel migliore dei casi. Ma non è certo quello il problema. Quando i Conservatori hanno preso il potere a Downing Street l’economia era in flebile risalita dopo il tracollo del 2008 e 2009. A forza di tagli invece il governo è riuscito a rimettere il paese in recessione già alla fine del 2010 e, dopo un breve rimbalzo, di nuovo da fine 2011 fino ad oggi. Qui non ci sono idee o ideologie che tengano, ma solo la dura realtà dei fatti. Ed invece, nulla. Si continua ad andare avanti come nulla fosse, anzi, si raddoppia. Perché ovviamente, nonostante i tagli, deficit e debito non diminuiscono, anzi proprio a causa della recessione indotta da quei tagli, la raccolta fiscale si riduce col bel risultato che l’economia reale va in malora insieme ai conti pubblici. Un disastro totale che va avanti ad oltranza. E’ di pochi giorni fa, infatti, l’annuncio di Cameron che il governo inasprirà i tagli, cominciando ad attaccare direttamente il welfare. D’altronde, in questa logica perversa, bisogna continuare a tagliare le uscite se le entrate scendono. Peccato che poi le entrare, a causa dei tagli, scenderanno ancora, in un infinito circolo vizioso. In realtà ci troviamo di fronte ad un articolato piano di lotta di classe, come non era successo neanche ai tempi della Thatcher. Iva più alta, tagli agli aiuti alle famiglie con figli a carico, ristrutturazione della spesa sanitaria, tasse universitarie triplicate, mentre l’anno scorso si sono ridotte le tasse per i più ricchi («erano inutili, davano poche entrate» - ed allora perché cancellarle?) e quest’anno non si prende nemmeno in considerazione la timida richiesta dei LiberalDemocratici di mettere una tassa sulle case di più alto valore, la cosiddetta “mansion tax” («una tassa figlia di una logica di risentimento sociale» – che faccia tosta!). Giù le mani dai soldi dei ricchi, ma facciamo pagare tutto e di più ai poveri.

Lotta di classe condita con un po’ di sciovinismo dal sapore razzista. Prima l’inverecondo attacco agli studenti stranieri che ha scandalizzato anche l’Economist, quando a settembre l’agenzia di frontiera ha revocato il permesso alla più grande università del paese, LondonMet, di rilasciare visti per studenti extra-europei, minacciando di deportare di forza giovani di tutto il mondo magari al terzo anno di studio e vicini alla laurea, dopo aver pagato fior fiore di tasse. Ed ora Cameron che chiede di rivedere la libertà di movimento dei lavoratori dentro la Ue, unica vera maniera per ridurre gli immigrati a Londra – in barba a tanto supposto liberalismo. Un vecchio classico, in fondo: guerra tra poveri, identificazione di un supposto nemico esterno (gli immigrati), e spostamento delle risorse dal lavoro al capitale. Purtroppo, davanti a cotanto accanimento di classe, l’opposizione rimane prevalentemente muta. I laburisti, privi di un vero programma alternativo, si accontentano di proporre palliativi. I sindacati hanno finalmente deciso di organizzare una manifestazione di protesta per il 20 ottobre, ma non hanno ancora indetto uno sciopero generale, anzi nel corso di questi anni hanno organizzato solo rari scioperi settoriali con il bell’effetto di dividere invece che unire i lavoratori. Ancora non ci si rende conto che quella dei conservatori è una vera e propria battaglia di (in)civiltà cui non si può continuare a contrapporre una versione ammorbidita, delle loro politiche, un liberal-socialismo che proprio a Londra ha visto le sue pagine più buie, le sue sconfitte più crude. I laburisti potranno anche vincere, forse, le prossime elezioni, grazie alla barbarie, la superficialità e l’incompetenza dei Tories. Ma non basterà quello per voltare pagina ed uscire da una crisi che sta ridefinendo l’intero volto del capitalismo del XXI secolo.

Fonte: Ombre Rosse, n.15
http://www.controlacrisi.org/notizia/Economia/2012/10/13/27132-finestra-internazionale-regno-disunito/

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