martedì 4 settembre 2012

Democrazia in pericolo

La politica italiana sembra sempre più allo sbando. Da un anno le scelte economiche vengono dettate dai mercati e recepite supinamente dal Parlamento. Un esecutivo di emergenza nazionale, imposto dal Presidente della Repubblica, governa ma in realtà ubbidisce ai diktat tedeschi che proprio Monti stigmatizzava un anno fa. I partiti si sbriciolano, travolti da uno scandalo dietro l'altro. E lo stesso Presidente della Repubblica apre un conflitto inaudito con la magistratura per cercare di coprire un uso assai disinvolto del telefono attraverso cui parlava di indagini in corso con Nicola Mancino - già presidente del Senato e prima Ministro dell'Interno al tempo delle stragi mafiose e del cosiddetto patto con la Mafia su cui si è dimostrato assai reticente, alcuni potrebbero dire omertoso.
In questo scenario da tregenda si cercano di delineare i futuri equilibri del paese, ancora una volta imposti dall'alto, ancora una volta ideati per ridurre gli spazi democratici. Il Parlamento sembra orientato ad adottare una nuova legge elettora che rischia, incredibili a dirsi, di essere peggiore di quella precedente. Addio premio di coalizione, ecco che arriverebbe un premio (pari al 15% dei seggi) per il Partito con più voti. 
Immaginiamoci uno scenario assai realistico: PD primo col 25% dei voti, vedrebbe la sua rappresentanza aumentata del 60% in barba al volere dei cittadini. Mentre con lo sbarramento al 5% molti partiti con un consenso elettorale non proprio minuscolo verrebbero cancellati dalla rappresentanza istituzionale. Insomma, una svolta elettorale che se non ancora autoritaria va sicuramente in direzione opposta alla democrazia. Ma non finisce qui.
Col 40%, come noto, non si governa e molto realisticamente il PD andrebbe alle elezioni in coalizione con SEL - forse, ancora meglio, con una lista unica per esser sicuri di arrivare primi, così chi volesse votare per Fava in Sicilia finirebbe per votare anche Letta visto che le preferenze, se mai ci saranno, verrebbero comunque infilate tutte insieme nel calderone del premio di maggioranza. Ed anche questo appare un obbrobrio. 
Ma in tempi procellosi questo non basterebbe ancora, la maggioranza dovrebbe essere solida e quindi più ampia, ed ecco allora che l'UDC - con Montezemolo e Fini, ovviamente - sarebbe il partner di governo scelto da PD e SEL. Già detto e ripetuto da Bersani e Fassina, tanto per esser sicuri. Insomma, voti una coalizione di "sinistra" e ti ritrovi Casini al governo, magari coadiuvato da Monti all'economia o Passera allo sviluppo economico. 
Ci dobbiamo sorprendere? Non più di tanto se pensiamo che il PD sta appoggiando un governo tecnico che sta uccidendo l'economia facendo pagare la crisi soltanto ai ceti più deboli. E dunque si manterrebbe coerente con la sua impostazione politica ed economica, moderatamente conservatrice ed in accordo coi vari poteri forti.
Discorso diverso, ma solo in parte, per SEL. Sembra ormai chiaro che l'unico obiettivo politco che si prefigge Vendola sia la conquista del potere, costi quel che costi. Prima, in nome dell'alleanza a prescindere col PD, ha rotto Rifondazione Comuista. Poi, sempre in nome di un posto a tavola, ha rotto con Di Pietro. Ora ci racconta che SEL e UDC non correranno insieme alle elezioni, ma sa benissimo che andranno a braccetto al governo a urne chiuse, tanto per non far venire troppi conati di vomito ai suoi elettori. Nel caso di Vendola la mancanza di coerenza è legata alla pochezza politica e all'opportunismo di chi è disposto a tutto per un pò di potere. Un Vendola che in questi mesi ha detto di opporsi al governo Monti e alle sue ricette economiche, ma cui va benissimo fare programmi di legislatura con chi questo governo sostiene. Un Vendola che ha detto di sostenere la FIOM ma va a governare con chi sostiene Marchionne. E con quale prospettiva? Quella di imporre le sue scelte col 6% che gli attribuiscono i sondaggi, o forse col magro 3% che sono i voti veri che ha preso nelle elezioni finora svolte - quando ancora, per altro, sembrava un candidato ed un partito di rottura?  
Insomma, si profila uno scenario da incubo che passa attraverso la riproposizione di un governo semi-oligarchico molto attento ai mercati e molto poco ai lavoratori. Che dietro questo disegno ci sia un partito che si definisce democratico è, in fondo, solo un incidente lessicale. 


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