giovedì 26 aprile 2012

Real Madrid e Barcellona: lo specchio calcistico di un Paese alla frutta
Di Monica Bedana

I soldi che cadono dal cielo sono immediatamente seguiti da tasse d'inferno.
Legge di Ruane sull'equilibrio finanziario.


La Spagna è un Paese dove alla domenica si può ancora andare allo stadio con tutta la famiglia, adulti e bambini insieme, senza timore di uscirne manganellati e in ambulanza. Questa cosa mi è sempre sembrata un eccellente riflesso della maturità di una società che ha provato a costruire la sua giovane democrazia su un genuino sforzo di integrazione senza ombre, seppellendo quarant'anni di dittatura sotto la voglia universalmente condivisa di vivere finalmente nel Paese libero, moderno e senza complessi che gli spagnoli e la loro Storia meritano senza dubbio.

Il loro grande calcio è un barometro infallibile dello “stato della Nazione”, molto più del bilancio annuale che ne fa il Presidente del Governo in Parlamento. E quest'anno non ci sarà bisogno di aspettare il discorso ufficiale per sapere che il Paese è in ginocchio ed ogni sogno si è infranto; l'eliminazione del Barcellona e del Real Madrid dalla Champions sono la parabola di un presente triste ed un futuro buio. E di molti fantasmi del passato che rispuntano.

E' finito il tempo del gioco etereo del Barcellona, una danza di mille passaggi perfetti e la rifinitura maestra di un solo uomo-simbolo; non a caso Zapatero tifava Barcellona e sua è stata l'epoca della gestione delle vacche grasse che pareva non doversi esaurire mai, l'entusiasmo delle conquiste sociali, le abbondanti concessioni in materia di autonomia a quella stessa Catalogna la cui gestione economica  si è rivelata molto poco oculata e ora, sul filo della bancarotta, emette bonus patriottici e taglia alla greca la spesa pubblica. E reclama protezione ed aiuto proprio a quello Stato centrale che ha sempre rinnegato quando aspirava ad essere soggetto indipendente in Europa.

Dall'altro lato il Madrid di Mou, poco gioco ma molta capacità di andare in gol e di tutto quel che non riesce a fare in campo dà la colpa alla Uefa, agli arbitri, alla stampa e perfino, se è il caso, ai suoi stessi giocatori. E' questo Madrid che risuscita i fantasmi del passato, le due Spagne mai più riconciliate fino in fondo, il ritorno di quello stile anni quaranta di chi ti aspetta in un parcheggio con l'intenzione poi di gettarti in un fosso da un' auto in corsa, precario, pensionato o dipendente pubblico che tu sia. Lo stile di chi nega senza spiegazioni agli indignados la Puerta del Sol per ricordare le proteste di un anno fa; di chi cancella via dikat il pluralismo nell'informazione pubblica mentre fa spazio alla voce della chiesa cattolica contro l'omosessualità, che anche questa ci rende poco credibili ed affidabili. Eppure, per quanto ci si sforzi di compiacerla, di piegarsi alle sue esigenze, quest'Europa ci punisce: in economia come nel calcio.

La versión en español del texto aquí.

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