lunedì 19 marzo 2012

Il Professor Monti va al congresso. Di Vienna. 1814.
Di Monica Bedana

Monumento a Daniele Manin a Venezia

N.d.A: Le parole in grassetto contengono links

Mentre soffia il vento della Commune sulle presindenziali francesi, in Italia Monti è cinto d'alloro da Scalfari dopo i Cento Giorni e, con dos cojones, Melloni anche di domenica giustamente s'indigna.
Ma dai Cento Giorni a Waterloo il passo è breve... e tutto, si sa, finisce Il cinque maggio; anzi, il sei ed il sette, se sulle elezioni amministrative italiane calasse l'improbabile ghigliottina di una nuova legge elettorale e di un'altra Commune, ben più virulenta, stile 1792.

Nel frattempo sull'Europa tutta tira un'aria irrespirabile da Congresso di Vienna e la già costituita Santa Alleanza italiana non pare pare lasciar sperare in una riforma del lavoro che non sia totalmente reazionaria. Siamo alle solite, la Storia si ripete: una Germania troppo potente che impone agli altri Stati, spaventati e ottusi, un'ipotetica stabilità a cambio di soffocare libertà e diritti. Tocca guardare una volta di più alla Francia per recuperare lo spirito della révolution, a Mélenchon e Hollande; perché anche la Spagna, dicono i sondaggi, si tingerà nuovamente di blu popolare dall'Atlantico al Mediterraneo - e dal Manzanarre al Reno- nelle prossime amministrative. Irreparabile perdita dell'ultima roccaforte socialista andalusa. E la madre di Rubalcaba, resa una iena dalla perdita di Granada, ripeterà al figlio in lacrime le stesse parole che l'ultima sultana disse al proprio, nel 1492, durante la reconquista dei Re Cattolici: "Piangi come una donna ciò che non hai saputo difendere come un uomo".

E se non si può negare alla lunga mascella di Monti un'aria asburgica né al caschetto di madame Forneró  una similitudine con la scriminatura di Talleyrand, magari ci piacerebbe almeno trovarli d'accordo su Fiat come lo furono i due precedenti reazionari sul ritorno dell'ancien régime. Ci rode invece il dubbio: sarà come dice lei? (Fiat non è libera di fare quello che vuole. Non ha la licenza di fare o di disfare). O avrà ragione lui? (Fiat ha il diritto-dovere di investire dove vuole e non ha nessun dovere di ricordarsi solo dell'Italia).
E si ha tutta la sensazione, come a Vienna quasi duecento anni fa, che questo governo danzi (sulla pelle dei lavoratori dipendenti), ma non cammini. Tra dichiarazioni, rettificazioni ed apparizioni (televisive) le congrès danse, il ne marche pas. (O per lo meno non cammina allo stesso ritmo della cassa integrazione, per esempio).
In compenso da allora è sempre valido il principio di intervento, ora ribattezzato regola d'oro, che dalla Merkel, la BCE, il FMI e la UE non è stato inventato ma solo rispolverato dalla storia di un'Europa decrepita e reazionaria esattamente come due secoli prima.

L'ho già detto? E' ora di fare un quarantotto. E io sto cercando il mio Daniele Manin.

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L'appello della Federazione della Sinistra
per l'estensione e la difesa dell'articolo 18

La Federazione della Sinistra ha lanciato negli scorsi giorni una petizione popolare per la difesa e l’estensione dell’articolo 18, raccogliendo migliaia di firme. Martedì 20 marzo dalle 15, a Roma, si terrà un presidio di fronte a Montecitorio per la consegna delle firme alle istituzioni.

Petizione popolare
“Noi sottoscritti/e consideriamo l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori una norma di civiltà.
L’obbligo della reintegra di chi viene ingiustamente licenziato è garanzia per ogni singolo lavoratore ed è al tempo stesso il fondamento per l’esercizio dei diritti collettivi delle lavoratrici e dei lavoratori, a partire dal diritto a contrattare salario e condizioni di lavoro dignitose.
Se l’articolo 18 fosse manomesso ogni lavoratrice e ogni lavoratore sarebbe posto in una condizione di precarietà e di ricatto permanente, essendo licenziabile arbitrariamente da parte del datore di lavoro. Se l’articolo 18 fosse manomesso verrebbero minate in radice le agibilità e libertà sindacali.
Per questo motivo va respinta ogni ipotesi di manomissione o aggiramento dell’articolo 18.

L’articolo 18 va invece esteso a tutte le lavoratrici e i lavoratori nelle aziende di ogni dimensione.”
Io ci metto la firma!
Per firmare, compila il modulo QUI.

Di seguito l’elenco dei primi firmatari.
Vittorio Agnoletto, Ciro Argentino, Giovanni Barozzino, Francesco Barra, Riccardo Bellofiore, Marco Bersani, Fausto Bertinotti, Emiliano Brancaccio, Alberto Burgio, Loris Campetti, Francesco Caruso, Luca Casarini, Adelmo Cervi, Paolo Ciofi, Giorgio Cremaschi, Alessandro Dal Lago, Don Vitaliano Della Sala, Luigi De Magistris, Rossana Dettori, Oliviero Diliberto, Piero Di Siena, Antonio Di Stasi, Mario Dondero, Angelo D’Orsi, Roberta Fantozzi, Paolo Favilli, Gianni Ferrara, Paolo Ferrero, Luciano Gallino, Don Andrea Gallo, Fabrizio Gatti, Vladimiro Giacchè, Alfonso Gianni, Michele Giorgio, Alfiero Grandi, Dino Greco, Haidi Giuliani, Margherita Hack, Carlo Guglielmi, Wilma Labate, Antonio La Morte, Mimmo Locasciulli, Giorgio Lunghini, Giacomo Marramao, Citto Maselli, Maria Grazia Meriggi, Gianni Minà, Dino Miniscalchi, Roberto Musacchio, Giovanni Naccari, Nicola Nicolosi, Manuela Palermi, Fulvio Vassallo Paleologo, Mimmo Pantaleo, Ulderico Pesce, Valentino Parlato, Gianpaolo Patta, Francesco Piccioni, Marco Pignatielli, Felice Roberto Pizzuti, Franca Rame, Carla Ravaioli, Gianni Rinaldini, Roberto Romano, Anna Maria Rivera, Massimo Rossi, Franco Russo, Cesare Salvi, Giancarlo Saccoman, Pasquale Scimeca, Patrizia Sentinelli, Marino Severini, Tommaso Sodano, Antonella Stirati, Fabrizio Tomaselli, Nicola Tranfaglia.



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L'aggiornamento della rassegna stampa di lunedí 19 marzo 2012


perché bisogna difendere il modello del welfare

In Francia, Mélenchon prende la Bastiglia

Banche da buttare: