lunedì 22 ottobre 2012

Galizia e Paesi Baschi: ben oltre il nazionalismo

Di Monica Bedana

Quando l'economia si risana, tutto il resto si ammala
Legge di Buchwald

Trionfo del nazionalismo e del centro destra, cosí potremmo riassumere il risultato elettorale di ieri in Spagna, che vedeva impegnate alle urne la Galizia, patria e feudo di Rajoy ed i Paesi Baschi. In Galizia i popolari ottengono la maggioranza assoluta ed il risultato elettorale rappresenta una bombola di ossigeno per la politica di tagli di Rajoy, un breve respiro alla sua politica asmatica. In realtà proprio ieri Goldman Sachs vaticinava che il peggio per la Spagna deve ancora arrivare e che per tutto il 2013 la recessione sarà durissima.
Nei Paesi Baschi l'opzione nazionalista ritorna con forza spettacolare dopo la parentesi di grande alleanza tra socialisti e popolari. Un patto coraggioso a suo tempo, che nonostante l'onesto lavoro svolto dal presidente López non è servito a conservare la logorata fiducia dei cittadini verso chi si è irrimediabilmente compromesso con l'idea europea di austerità fine a sé stessa. I socialisti di Rubalcaba, a quasi un anno dalla pesantissima sconfitta delle elezioni generali, vengono definitivamente cancellati dalla mappa politica del Paese.


Dicono molto i 21 seggi ottenuti dalla sinistra radicale basca (contro i 27 del Partito Nazionalista; insieme rappresentano quasi il 60% del voto basco ed iniziano già a "pensare come Paese"). Sul piano interno spingeranno per fare avvicinare i detenuti dell'ETA alle carceri basche ed incarneranno la scelta del dialogo politico, la fine della lotta armata e, si spera, la riconciliazione sociale che ha come prima tappa obbligatoria il chiedere e dare perdono.

Nell'ambito dell'egemonia dei Popolari in Galizia dice molto anche il successo dell'Alternativa Galiziana di Sinistra, che nasce dalla storica figura di Xosé Manuel Beiras, anch'essa sulla base del nazionalismo. Come per la colizione radicale basca, il discorso politico si fa durissimo ed loro programma è di trasportare in Parlamento le rivendicazioni delle lunghe mobilitazioni sociali dell'ultimo anno. Dicono no al protettorato che esercita il capitale finanziario sugli Stati, di cui rivendicano la sovranità politica. Con l'obiettivo di rendere di nuovo attuali tre grandi correnti dei tempi moderni: la lotta di classe, i movimenti di decolonizzazione posteriori alla Seconda Guerra Mondiale ed i movimenti civili degli anni Sessanta.

Cosí non è più nazionalismo, è quel filo che unisce questa sinistra spagnola a Siryza, al PRC, ad Izquierda Unida, e vuol mettere in moto un'altra Europa, riaccendere il motore dell'azione politica all'interno di ogni Parlamento.
I risultati delle urne danno speranza a questo progetto: la sovversione di questa sovversione della democrazia che la politica decisa nelle banche ci ha imposto.

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