mercoledì 29 agosto 2012

La Resistenza del Sulcis


Il 27 agosto i minatori della Carbosulcis si rinchiudono sottoterra a Nuraxi Figus, Sulcis-Inglesiente.
Precedentemente gli operai dell’Alcoa di Portovesme (ancora Sulcis-Iglesiente) avevano prima bloccato la strada per l’aeroporto, poi si erano buttati in mare per impedire l’attracco di una nave nel porto di Cagliari.
Ma già nel gennaio scorso durante un’accesa puntata della trasmissione “Servizio Pubblico”, era esplosa contro l’ex ministro Castelli la rabbia di Antonello Pirotto, cassaintegrato dell’Euroallumina di Portovesme (frazione di Portoscuso, Sulcis).
Di quell’episodio ricordo due sensazioni. Uno: l’imbarazzo - di quando si assiste ad una solitaria dimostrazione di coraggio - come se, abituati a convivere con il potere, ci sembra una trasgressione smascherarne le prevaricazioni e vorremmo evitare il senso vuoto da “terra bruciata” che sappiamo certamente seguirà. Due: la solidarietà - non tanto per il contenuto di quelle affermazioni ma per la straordinaria personalizzazione dell’attacco. Oltre all’insulto c’era infatti l’orgoglio di un uomo che si sentiva personalmente colpito dall’astrattezza e dall’indifferenza della politica. Nel suo urlo anaforico il “lavoro” veniva invocato come soluzione per rimettere in marcia il commercio e l’economia. E non in un territorio qualsiasi, ma: “nel mio territorio” o meglio “nel mio territorio, distrutto”.
I minatori di Nuraxi Figus compiono oggi un gesto plateale e lo fanno a nome di un’intera area depressa e in grave sofferenza. Se per gli agricoltori c’è l’occupazione della terra e per gli operai quella delle fabbriche, per chi lavora nel sottosuolo dare visibilità alla propria protesta significa “inabissarsi”. La lotta è quasi una punizione, una sorta di sacrificio  - perché quei luoghi funzionano ai nostri occhi come allegorie di cavità ctonie, recessi angusti dove è sempre notte.
E mi colpisce, per un inevitabile gioco di interferenze letterarie (pirandelliane, ariostesche) che mentre nei giorni scorsi la cronaca celebrava, come atto di scoperta e libertà, il primo passo dell’uomo sulla luna, un centinaio di uomini decideva di difendere il proprio diritto alla libertà facendo un viaggio inverso, ma altrettanto simbolico e “soprannaturale”. Come il vallone lunare per il duca Astolfo, per i minatori del Sulcis è il cuore della terra che custodisce ciò che sulla terra si perde: il lavoro, la dignità, la libertà. Ma se tale perdita accade e non vi si pone rimedio - ce lo ricordano i minatori con la loro lotta - non è certo per “nostro difetto o per colpa di tempo o di Fortuna”.

Francesca






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lunedì 27 agosto 2012

Ho spedito un piccione viaggiatore a Bersani


Ho spedito un piccione viaggiatore a Bersani.

Mi pareva il mezzo di comunicazione più consono ad una giornata in cui anche lui, di sicuro, attendeva Beatrice. Ora temo una risposta che in parte già conosco, esci da lí comunista , che non si può fare politica se non si guarda la gente negli occhi (cit, da Bersani stesso). Ignoranza ed anacronismo che si traducono in puntuali auto-zappate sui piedi del PD e conseguente favore fatto proprio all’avversario, sfidato nel corpo a corpo quando non si ha più il fisico da un pezzo.

A Bersani ho spedito il Frasario essenziale per passare inosservati in società (cosa che alla classe politica italiana non riesce mai; la moderazione, questa sconosciuta) di Ennio Flaiano:   l'autore ci rammenta che in Italia i fascisti si dividono in due categorie: i fascisti e gli antifascisti.

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mercoledì 22 agosto 2012

Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei
Di Simone Rossi 

Tra circa una settimana inizieranno a Londra le Paraolimpiadi, i giochi in cui competono atleti disabili. Una buona occasione per portare sotto i riflettori le disabilità e le problematiche affrontate dalle persone diversamente abili, ivi inclusa l'ipocrisia del governo britannico. Se le Olimpiadi svoltesi all'inizio di questo mese saranno anche ricordate per l'essere state le prime prese completamente in ostaggio dagli sponsor, alcune grandi aziende multinazionali che hanno imposto la propria esclusiva nella somministrazione di bevande e cibi e nella fornitura di servizi finanziari, le Paraolimpiadi, per contro, potranno passare alla storia come il festival dell'ipocrisia. Il principale sponsor di questo evento, infatti, è il gruppo Atos, che ha attività nel settore della sanità e dei servizi di cura. Questa azienda si occupa della valutazione dei requisiti per l'accesso ai sussidi di invalidità per conto Dipartimento per il Lavoro e le Pensioni, il ministero competente per le politiche dello stato sociale. In tale ambito da oltre un anno è impegnata nell'applicazione delle politiche del governo liberal-conservatore mirate a ridurre il numero di beneficiari di sussidi attraverso una revisione dei parametri con cui è stabilita l'idoneità al lavoro o meno. Il risultato è che centinaia di persone con vari livelli di disabilità sono stati private dal sussidio perché ritenute capaci di lavorare, decisione stravolta nel 30% dei casi dalla magistratura su appello degli interessati. Come sottolineato in varie occasioni dai promotori della campagna per una revisione degli standard utilizzati da Atos, le visite mediche cui sono sottoposti i disabili rispondono a linee guida generiche e non prendono in considerazione i sintomi specifici di ogni caso. Ciò è stato confermato in un reportage del programma di approfondimento Panorama, sulla BBC, ha seguito le vicende di alcune persone nel calvario per non perdere il proprio sussidio; paradossalmente, il reportage ha mostrato il caso di due due uomini definiti idonei al lavoro: uno é stato ricoverato urgentemente in ospedale pochi giorni dopo e l'altro è morto in attesa della sentenza di appello. Secondo quanto dichiarato da un esperto interpellato da Panorama, sebbene il contatto sottoscritto tra il ministero ed Atos non menzioni chiaramente la parola "target", il compito del contraente privato sarebbe quello di aiutare il governo a centrare gli obiettivi di riduzione di questa voce della spesa sociale, a prescindere dalle reali esigenze dei cittadini. Alla luce di ciò, appare assurda e canzonatoria la scelta di Atos come sponsor. Ma si sa, il denaro non ha odore. L'ipocrisia, invece, ha un aroma di sterco.
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Facciamo la Cosa Seria


Perché in questo marasma politico, economico, ma soprattutto di idee, valori ed ideali non è più concepibile fare le cose in altro modo.
Resistenza Internazionale aderisce a questo appello e vi invita a diffonderlo se vi piace la serietà. La stessa che troverete qui e qui e qui e che si spera arrivi in alto.

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Altro che Cosa Bianca.

Facciamo la Cosa Seria.

Un movimento aperto a quel 99 per cento di cittadini che non vive di rendite e di finanza: che siano giovani o anziani, deboli o forti – perché anche i forti possono prendere con onore la responsabilità di essere garanzia degli altri.

Un movimento laico di quella laicità che è la più intelligente garanzia della solidarietà senza esegesi politica.

Nella Cosa Seria le porte sono aperte a tutti coloro che si riconoscono nelle priorità di programma che sono poche e chiare. Nella Cosa Seria ci si impegna ad essere includenti nel senso più pieno: quello che combatte le oligarchie, le iniquità, le rendite di posizione e le corporazioni.

Nella Cosa Seria la memoria è un punto di programma: la memoria della Storia di questo Paese (la migliore come stimolo e la peggiore come vaccino) e la memoria delle scelte politiche delle persone che vogliono starci. I liberisti smodati sono liberisti smodati, perché ne abbiamo memoria. I sostenitori prostituiti ai berlusconismi in tutte le sue salse sono incompatibili con noi, perché ne abbiamo memoria. I fiancheggiatori politici di persone condannate per mafia sono avversari politici senza mediazioni, perché ne abbiamo memoria.

Chi ha votato in Parlamento la sistematica distruzione della scuola, della magistratura, dei diritti dei lavoratori, delle emergenze per sfamare gli appalti, del suolo trasformato in appetitoso margine di monetizzazione, delle infrastrutture utili dimenticate, della sicurezza idrogeologica in nome del profitto, della sanità pubblica e di tutto ciò che è stato confiscato ai diritti, nella Cosa Seria non ha posto perché la memoria è il primo ingrediente della democrazia e i ravveduti dell’ultimo minuto sono alchimisti che ormai sappiamo riconoscere.

Nella Cosa Seria anche la verità è un punto di programma: la verità giudiziaria, la verità storica e la verità politica. Non si parteggia per questo o quel potere: si pretende l’emersione totale dei fatti e si difende chi lavora per questo. Senza calcoli elettorali e posizionamenti da patetico risiko politico.

Nella Cosa Seria si dialoga con il cuore dei partiti: i militanti, gli amministratori, le tante persone serie e per bene che fanno politica con impegno e passione in giro per l’Italia. Perché il sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, era un politico, Pio La Torre era un politico, Peppino Impastato era un attivista politico: la politica in Italia per molti è stata ed è una Cosa terribilmente e meravigliosamente Seria.

Nella Cosa Seria l’equità non è un spot europeista di macroeconomia ma passa attraverso un ridistribuzione dei diritti e dei doveri, dei costi e dei benefici e soprattutto delle opportunità. Opportunità garantite a tutti: la meritocrazia passa per forza da qui.

Nella Cosa Seria vincere le elezioni è un mezzo e non un fine. E anche governare dopo averle vinte è un mezzo e non un fine.

Nella Cosa Seria i diritti civili non sono più negoziabili con nessuno, né rinviabili, né assoggettabili a compromessi al ribasso o a diktat provenienti da chi fa della propria fede un elemento di divisione e non di fratellanza. E per questo, anche per questo, non sono alternativi ma al contrario strettamente connessi con i diritti sociali.

Nella Cosa Seria si pensa che i cinque miliardi di euro spesi finora per bombardare l’Afghanistan siano stati rubati al welfare, agli ospedali, agli asili nido, alla scuola pubblica. E che le spese in aerei da guerra o in supercannoni tecnologici siano solo un furto ignobile ai danni dei pensionati come dei precari.

Nella Cosa Seria si sta insieme, perché un’alleanza politica non è un matrimonio e quindi non divorzi se il tuo alleato urla troppo quando parla o è maleducato. Nella cosa seria conta la politica vera, il programma da realizzare, non le simpatie.

Nella Cosa Seria quando dici «ce lo chiede l’Europa» pensi alla legge anticorruzione mai fatta, al salario minimo garantito in Francia, al congedo parentale obbligatorio per i papà della Svezia, al reddito minimo di cittadinanza garantito da tutti gli stati europei tranne che da noi, in Spagna, Portogallo e in Grecia. Pensi a un modello di previdenza sociale che tuteli anche i lavoratori precari e le donne che devono lasciare il posto di lavoro in gravidanza, pensi a una legge sulla procreazione assistita che non ti costringa ad andare all’estero per fare un figlio, pensi al pluralismo dell’informazione e alla diffusione della rete.

Nella Cosa Seria siamo europeisti convinti, per questo pensiamo che l’Europa unita non sia quella delle banche ma quella dei cittadini, e che i mercati finanziari debbano essere controllati e le speculazioni scoraggiate con misure come la Tobin Tax per privilegiare gli investimenti sul lavoro e l’impresa.

Nella Cosa Seria ci si batte per un’Europa matura e solidale con un indirizzo comune, un esercito comune, liste comuni al parlamento europeo e una banca centrale in grado di mettere al riparo i singoli stati dall’attacco della speculazione finanziaria.

Nella Cosa Seria pensiamo che ciascuno sia cittadino del Paese in cui nasce, che l’immigrazione sia una risorsa e non una minaccia.

Nella Cosa Seria vogliamo che il carcere serva a rieducare e non a umiliare e che la detenzione sia l’ultima opzione dopo il ricorso a pene alternative.

Nella Cosa Seria siamo convinti che la lotta all’evasione si combatta abbassando la soglia del pagamento in contanti e tracciando i pagamenti. E che sia ingiusto aumentare il prelievo fiscale ricorrendo all’aumento dell’Iva e non alla patrimoniale.

Nella Cosa Seria immaginiamo città liberate dal traffico e dall’inquinamento grazie alle piste ciclabili, al car sharing, con un trasporto pubblico più efficiente e meno macchine.

Nella Cosa Seria crediamo che l’Italia meriti una politica industriale che punta a un modello di sviluppo sostenibile; nella Cosa Seria pensiamo che si cresca riconvertendo e non cementificando, puntando sulle energie alternative e non sulle grandi opere.

Nella Cosa Seria si fanno le primarie, si scelgono i parlamentari, non si decide mai soli, né in due o in tre.

Nella Cosa Seria sappiamo che la parola “sinistra” nel Paese ha ancora un senso diffuso che non appartiene a ceti politici né a gruppi dirigenti. È un sentimento, un modo di stare al mondo, un’appartenenza ideale e concreta che richiede coerenza e che non può ridursi in piccoli e particolari interessi di bottega, antiche inimicizie e gelosie d’appartenenza.

Per questo chiediamo che Sinistra Ecologia e Libertà e una parte consistente del Partito Democratico siano il motore di una coalizione che sia una Cosa Seria. Che guardi a Italia dei Valori, Federazione della Sinistra, ALBA, Verdi e tutti coloro che si riconoscono in un manifesto di posizioni chiare e realmente governabili, oltre che di governo. Perché non ci piace la strategia dell’inerzia per capitalizzare il consenso trascinandosi alle prossime elezioni, ma preferiamo la semplicità e la chiarezza delle idee da valorizzare insieme. Soluzioni collettive per risolvere i problemi, insieme: politica presa come una Cosa Seria.



Questo documento è stato scritto a molte mani (da Giulio Cavalli, Francesca Fornario, Alessandro Gilioli, Matteo Pucciarelli, Luca Sappino e Pasquale Videtta) ma non ci interessano i padri o i primi firmatari; ci interessa farsene carico e condividerlo. Sul serio.Se ti è piaciuto questo post, clicca sul simbolo della moschina che trovi qui sotto per farlo conoscere alla rete grazie al portale Tze-tze, notizie dalla rete

lunedì 20 agosto 2012

Io sto col villano

Di Monica Bedana



Decido sempre di tenermi i mascalzoni, se questi squarciano il velo sulla nuda realtà e la lasciano suppurare dai lembi. Questa settimana mi tengo quindi Assange, e con lui Hervé Falciani. Di Assange si è detto ormai tutto, di Falciani pochi invece sanno che è forse l’unica vera patrimoniale mai applicata in Italia, Spagna, Francia ed altri otto Paesi.

Informatico dell’HSBC a Ginevra, Falciani copiò nel 2006 i dati di 130.000 clienti della banca, tutti presunti evasori fiscali. Tra questi, quasi 7000 sono italiani, parecchi i nomi illustri, da Briatore a Valentino a Bulgari. 570 milioni di euro sfuggiti al fisco italiano solo in quella banca e scoperti grazie al furto di Falciani. Perché di furto è accusato dalla Svizzera; e l’ordine di cattura internazionale che pesava su di lui divenne realtà per caso nel porto di Barcellona lo scorso 1º luglio. Fino a quel momento Falciani, cittadino monegasco con nazionalità italiana e francese, aveva potuto muoversi liberamente tra i due Paesi, che non estradano i propri cittadini. Puntare sulla Spagna, in zona Schengen, sperando che nessuno lo controllasse e ritrovarsi in manette è stata mala suerte, sfortuna, più intensamente sfiga.

Mi importano poco le presunte intenzioni di Falciani di vendere quei dati ad una banca in Libano, o di ricattare i clienti; ciò rimane da dimostrare, mentre è indubitabile che in questi anni la sua lista, messa da lui stesso a disposizione delle autorità di vari Paesi, ha squarciato per la prima volta l’opacissimo velo del segreto bancario svizzero ed ha riportato nelle casse del fisco somme di denaro che nessun accordo bilaterale potrà mai fruttare.

Ai giudici spagnoli tocca ora decidere se estradare in Svizzera l’uomo grazie al quale il presidente del Banco Santander, Emilio Botín, affezionato cliente dell’HSBC, si è visto costretto a pagare al fisco 200 milioni di euro. Sul piatto della bilancia, da un lato la magistratura svizzera che cerca un ladro villano, una banca potente umiliata ed una fetta furente di quell’1% di privilegiati che ha in mano il mondo; dall’altra, le buone intenzioni della normativa europea sulla libera circolazione dell’informazione fiscale e la legge spagnola di prevenzione del riciclaggio di denaro. Nel mezzo, un uomo solo.

Io, da persona educata, mi schiero col villano.

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giovedì 16 agosto 2012

Un Paese che è Cosa Loro
La vicenda dell'ILVA di Taranto e le istituzioni serve di interessi privati

Di Simone Rossi

L'esperienza di questo blog e del gruppo alle sue spalle ebbero inizio un anno e mezzo fa con un appello a sostegno degli operai di Mirafiori e del sindacato FIOM, unico a sostenerli nell'opposizione alle condizioni di lavoro imposte dalla dirigenza FIAT. All'epoca i partiti politici e le istituzioni risposero con indifferenza, o addirittura si schierarono a fianco dell'uomo in maglioncino, motivando la propria posizione con il fatto che avere lavoro è già qualcosa di cui esser grati in tempi di crisi ragion per cui era necessario accettare sacrifici e condizioni inumane pur di tenerlo. Un principio, quello dei sacrifici, che lorsignori non sanno applicare a sé stessi però.

A distanza di quasi diciotto mesi ecco nuovamente i novelli paladini del lavoro all'opera. A Taranto, la magistratura è intervenuta a tutela della salute dei lavoratori e dei cittadini avviando delle indagini sulle attività dello stabilimento siderurgico ILVA, sulla base di dati e prive che mostrerebbero una palese violazione delle norme ambientali e di quelle a difesa della sicurezza sul lavoro. Con ricadute negative sulla salute pubblica dei tarantini e sull'ambiente circostante la città. Dopo aver inizialmente indagato la dirigenza aziendale, all'ILVA è stato imposto il sequestro della produzione, probabilmente interpretato come l'unico modo per bloccare l’attivitá inquinante fino all’avvenuta regolarizzazione degli impianti. In un mondo dove regnasse il buon senso sarebbe un atto dovuto da parte della magistratura a fronte della violazione di una o più leggi; non in Italia. Dopo le prime proteste dei lavoratori, in qualche modo comprensibili, abbiamo assistito ad un attacco contro l'operato della magistratura tarantina, con una veemenza che non vedevamo da tempo; segno che sono stati pestati piedi grossi. Dopo gli interventi di giornalisti sono intervenuti alcuni esponenti di PDL e PD, ormai due facce della medesima medaglia, ed il messianico presidente della Regione Puglia, Vendola. Tutti a difesa dei posti di lavoro, tema che hanno dimostrato di avere sinceramente a cuore sinora, ed a spergiurare che l’azienda inquina meno che in passato e che la proprietà dell’azienda ha piani di risanamento. Sono parole al vento di fronte alle perizie effettuate su richiesta della procura e le immagini registrate dai carabinieri al di fuori dagli stabilimenti, ma che rischiano di sovrastare i fatti nel baccano mediatico scatenato a favore della famiglia Riva, con la nobile scusa di preservare l’impiego di circa ottomila persone.

In questa vicenda i più scomposti sino ad ora si sono dimostrati i membri dell'Esecutivo, i cosiddetti tecnici, acclamati al governo come i salvatori della patria ma di fatto esecutori materiali di un progetto politico per conto terzi. Con buona pace per la separazione dei poteri il Ministro della Giustizia ha richiesto copia degli atti del procedimento; una decisione che rientra nelle prerogative del ministro suona come un monito, un avvertimento in stile mafioso non dissimile dalle ispezioni cui ci abituarono Castelli, Mastella ed Alfano. Del resto il buon esempio arriva dal capo che, mentre è in vacanza, invia due dei suoi picciotti, tali Clini e Passera, a conversare con il procuratore, verosimilmente a presentargli “una proposta che non può rifiutare” come nei film statunitensi su Cosa Nostra. Infine, compostezza e pacatezza si è distinto il sottosegretario Catricalá, quello divenuto a suo tempo famoso come tutore degli interessi (in conflitto) di Berlusconi, affermando, senza tema del ridicolo, che l’Esecutivo avrebbe sollevato un conflitto di attribuzione presso la Corte Costituzionale perché l’intervento della magistratura interferirebbe con la politica industriale del Governo. Tralasciando che servirebbe un rabdomante per trovare uno scampolo di politica industriale tra gli atti dei “tecnici”, sarebbe interessante comprendere perché il Governo abbia messo in campo una strategia industriale che preveda il compimento di reati ambientali e contro la salute pubblica, non tenendo in conto le leggi dello stato.

Se le leggi ad personam di Berlusconi, le politiche dei presunti tecnici, le loro gaffe, le vicende oscure intorno alla presunta trattativa tra Stato e Mafia non sono state sufficienti, la questione dell’ILVA, giocata sul futuro degli operai e dei cittadini tarantini, conferma che quella che una volta era una repubblica democratica, oggi è “Cosa Loro”.Se ti è piaciuto questo post, clicca sul simbolo della moschina che trovi qui sotto per farlo conoscere alla rete grazie al portale Tze-tze, notizie dalla rete

sabato 11 agosto 2012

Resistenza Olimpica - Abebe Bikila



Roma, 1960. Un etiope scalzo domina la maratona e vince la prima medaglia d'oro di sempre per un paese dell'Africa sub-sahariana. Bikila fu aggregato alla nazionale etiope solo all'ultimo momento, rimpiazzando un compagno infortunatosi. Si era allenato a piedi nudi, data la scarsità dei fondi per lo sport in Etiopia. A Roma, in un'altra era, con lo sponsor - la Adidas - con sole poche scarpe a disposizione, Bikila decise di rinunciare alle scarpe e vinse in maniera trionfale. 
25 anni dopo la conquista dell'Etiopia da parte di Mussolini, Bikila affascinava Roma, sprintando sotto il simbolo dell'imperialismo fascista, l'obelisco di Axum rubato proprio all'Etiopia. Bikila divenne il simbolo dei poveri del mondo alla conquista dell'Olimpo




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venerdì 10 agosto 2012

Una giornata al parco Olimpico

L'avventura delle Olimpiadi inizia prima dell'arrivo al parco Olimpico. Un paio di settimane prima, arriva una email di stampo quasi minatorio: preparatevi per lunghe file, arrivate almeno 2 ore e mezzo prima, controlli da aeroporto, niente liquidi. Mah, e noi che pensavamo fossero giochi. 
Ma no, certo non lo sono, sono un business, De Coubertin lo si ricorda solo facendo ogni annuncio prima in francese e poi in inglese. Infatti nella lettera ti ricordano che dentro il parco Olimpico viene accettata solo la Visa, sponsor ufficiale delle Olimpiadi. Le altre carte al bando. 
Carte che in realtà servono, visti i prezzi da Piazza San Marco: quasi 9 pound per un fish and chips, 20 pounds per 3 birre ed un Pimms - un buon 30-40% di più che in centro a Londra. Ma anche questo, in fondo, lo si era messo in conto, ed infatti arriviamo già pronti con una bella colazione al sacco. 
Il parco è bello, un sacco di fiori, passeggiata lungo i canali, belle strade e bellissimi impianti: il velodromo, soprattutto, ma anche l'Aquatic Center e l'impianto per la pallanuoto. Lo stadio da fuori non è un granchè, ma dentro è splendido, siamo quasi in ultima fila ma si vede benissimo. 
Ma fuori dagli impianti sembra di essere ad una fiera campionaria: stand su stand di cibo, la torre di Anish Kapoor a pagamento (15 pounds!!!), una fila gigantesca per entrare al negozio di gadget. Ed una scandalosa mancanza di megaschermi. Uno ce ne è, anche piuttosto grande, nel centro del parco Olimpico, dove sorge un parchetto verde. Ma l'accesso è restricted, il primo parco al mondo dove bisogna fare la fila per entrare. E che fila! Ci tocca rinunciare, un pò scoglionati mentre i gentilissimi ma fondamentalmente inutili volontari ci dicono anche da che parte del ponte passare, si sta a sinistra, ovviamente, siamo in Inghilterra.
Ma che stress. Impossibile godersi in santa pace la giornata olimpica, divieti, regole, cartelli, controlli. E tutto costruito in base alle esigenze del business, senza neanche un minimo tentativo di pensare allo sport e agli spettatori. Peccato. 


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Resistenza Olimpica - Josefa Idem




Una delle più grandi atlete di sempre, la tedesca che ci piace di più, forse perchè ormai italiana. Prime olimpiadi, e prima medaglia, a Los Angeles 84. Poi cambia maglia e bandiera, e diventa italiana, parlando per altro un italiano perfetto. Non vince subito, quarta nel 92. Ma poi 4 olimpiadi consecutive con medaglia, culminate con l'oro di Sidney. Ed oggi, a quasi 48 anni, di nuovo in finale nel K1, sfiorando il podio. 8 olimpiadi, 2 nazioni, 5 medaglie. Una donna, un mito che non si arrende mai, sconfiggendo anche il tempo. 


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giovedì 9 agosto 2012

Gli aggiornamenti delle rubriche di Resistenza Internazionale, 9 agosto 2012

The City of London:

Le inutili proposte del Governo per abbattere il debito

L'Italia è in recessione del 2.5%, come per altro avevamo già anticipato. L'economia va male in molte parti d'Europa, dalla Spagna alla Grecia alla Gran Bretagna e presto potrebbe entrare in recessione anche la Francia, quindi si tratta di un problema generale e non solo italiano. Ma le responsabilità del governo sono enormi, con manovre fiscali che hanno avuto il solo obiettivo di rimetter momentaneamente a posto i conti pubblici anche a costo di uccidere l'economia reale - il che porta ad un ulteriore peggioramento delle finanze dello Stato...leggi tutto l'articolo


Serenissima:

Assalto al super (a mano disarmata)

C’è qui un deputato di Izquierda Unida, sindaco di un paese dell’Andalusia, che in questi giorni fa il regista di assalti ai supermercati, interpretati da chi ha più fame degli altri. Attori protagonisti.

La España profunda, si potrebbe pensare. Una distrazione nella noia estiva. Lo Schwazer locale. Come se non ci fossero altre cose di cui parlare in questo momento, quando si vocifera di un salvataggio totale del Paese e di elezioni anticipatissime (aria di Grecia)...leggi tutto l'articolo

Resistenza Olimpica - Argentina basket 2004





Davide contro Golia, che storia. Gli Stati Uniti avevano già perso le Olimpiadi nel basket, tutte e due le volte contro l'Unione Sovietica, una prima volta a Monaco 1972 ed una seconda a Seoul 1988. Ma fino a quel momento gli americani schieravano giocatori di college e non i professionisti della NBA. Dal 1992, alle Olimpiadi di Barcellona, cominciarono a giocare le star che regolarmente strapazzavano gli avversari neanche si fosse in allenamento. Sembravano marziani.
Le cose cambiarono già nel 2002, ai mondiali giocati ad Indianapolis, dove l'Argentina vinse in finale contro gli USA - un successo storico, incredibile, se poi si pensa che solo l'anno prima l'economia argentina era fallita ed il paese rigettava la dollarizzazione e le misure d'austerità made in Washington. 
Non contenti gli argentini si ripeterono due anni dopo alle Olimpiadi di Atene, dove eliminarono in semifinale la terza edizione del Dream Team. Piccoli e grandi eroi sudamericani alla riscossa. 


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mercoledì 8 agosto 2012

Resistenza Olimpica - Teofilo Stevenson




"Cosa è un milione in confronto all'amore di 8 milioni di cubani?" Nessuna frase meglio di questa rappresenta lo spirito olimpico. Teofilo Stevenson è stato il più grande boxeur di sempre a livello amatoriale, vincitore di 3 olimpiadi tra il 1972 ed il 1980. Ed avrebbe potuto vincerne una quarta se Cuba non avesse boicottato i giochi di Los Angeles del 1984.
Davanti alla proposta di passare al professionismo e con un allettante ingaggio di 1 milione di dollari per combattere contro Muhammad Ali, Stevenson decise di rimanere fedele a Cuba e allo spirito olimpico. Un vero resistente.



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martedì 7 agosto 2012

Resistenza Olimpica - Ben Johnson



Perchè l'Olimpiade è fatta anche di anti-eroi e Ben Johnson ne è stato l'esempio più obrobrioso. Johnson divenne il caso simbolo perchè fu beccato subito dopo esser diventato campione olimpico dei 100 metri a Seoul 88 - dunque l'atleta più famoso del mondo. E, scoperto dopo appena 3 giorni passò rapidamente dalle stelle alle stalle. 
Ma il suo non fu certo l'unico episodio, come dimostra la vicenda di Schwazer di queste ore. Truccare per vincere è l'esatto opposto dello spirito olimpico; l'esasperazione del vincere a tutti i costi non è cosa nuova, anche se ultimamente le cose sono peggiorate. E non si dopano solo atleti famosi, ma anche ragazzini e ciclisti della domenica. 
In alcuni casi il doping è stata politica, sicuramente in Germania Est e, quantomeno per un breve periodo, anche in Cina. Ma pure gli americani non si sono mai fatti mancare nulla, da Marion Jones a Florence Joyner Griffith, mai scoperta ma morta in maniera più che sospetta 10 anni dopo i suoi record mondiali (tuttora imbattuti) nella stessa olimpiade di Ben Johnson.
 Ed allora per noi i veri resistenti sono tutti gli atleti onesti, che vincono o perdono ma senza droghe. 



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lunedì 6 agosto 2012

Resistenza Olimpica - Tommie Smith and John Carlos



1968, Città del Messico. Anno magico e tragico il 1968, nel mondo occidentale dilagavano le proteste studentesche, in Cina la Rivoluzione Culturale, la Guerra in Vietnam raggiungeva il suo apice. 
Ed in America venivano uccisi Martin Luther King e Bob Kennedy. Mentre il Comitato Olimpico Internazionale ammetteva la partecipazione del Sud Africa alle Olimpiadi, forzando 32 stati africani al boicottaggio.
In questo clima, Tommie Smith, atleta americano, dominò i 200 metri, davanti all'australiano Peter Norman e all'altro americano John Carlos. I due atleti americani, entrambi di colore, una volta sul podio alzarono il pugno guantato di nero, il simbolo del Black Power. Norman sfoggiava una spilletta di solidarietà contro il razzismo. Il gesto più trasgressivo di sempre in ambito olimpico.
La risposta del CIO - quello che aveva accettato il Sud Africa - fu la sospensione dei 2 atleti americani e la loro espulsione dal villaggio olimpico. Una volta tornati in patria furono ostracizzati e ghettizzati. Non fu migliore la sorte di Norman, sospeso dalla squadra australiana ed a cui fu sostanzialmente vietata la partecipazione alla successiva olimpiade di Monaco nonostante avesse realizzato i tempi necessari.
Ancora oggi, 42 anni dopo, un gesto che dà i brividi. 




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sabato 4 agosto 2012

Resistenza Olimpica - Jesse Owens





 In coincidenza con l'inizio della regina delle Olimpiadi, l'Atletica, non possiamo non celebrare Jesse Owens, il simbolo obbligatorio di qualsiasi atto di resistenza olimpica. Un nero che vince a Berlino nel 1936, davanti a Hitler e le sue deliranti teorie di superiorità ariana. Owens in quella Olimpiade vinse 4 ori - 100, 200, lungo e staffetta 4x100, con tanti saluti agli atleti tedeschi. Stabilendo una verità sacrosanta. Che in atletica se esiste una razza superiore è sicuramente quella nera.



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venerdì 3 agosto 2012

Resistenza Olimpica - Olga Korbut




Monaco, 1972. Il mondo inorridiva davanti al terrore scatenato da Settembre nero dentro il villaggio olimpico con la morte di 11 membdi della delegazione olimpica israeliana. La Guerra Fredda sportiva raggiungeva il suo apice con la controversa finale di pallacanestro in cui per la prima volta l'URSS battè gli USA anche grazie ad una serie di decisioni arbitrali discutibili negli ultimi secondi. Ma tutti si inchinarono di fronte alla grazia di questa ginnasta sovietica di 17 anni che cambiò per sempre la ginnastica. Il suo esercizio alla trave fu il primo ad eseguire salti mortali, rivoluzionando completamente quello sport. Ma il massimo venne raggiunto alle parallele assimetriche con un esercizio spettacolare che lasciò di stucco pure il telecronista americano. E pure i giudici, incapaci di capire la portata della novità della Korbut, cui negarono il primo 10 della storia e la medaglia d'oro, scatenando l'indignata reazione del pubblico.
E mentre la precisione delle movenze faceva pensare quasi ad un automa, i sorrisi ed i pianti di questa ginnasta sovietica aggiunsero un tocco di umanità a questa corsa verso la perfezione. 



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giovedì 2 agosto 2012

Vendola. la sete di potere e l'ideologia dell'incoerenza

Di Nicola Melloni


Dunque Vendola scarica Di Pietro e abbraccia Casini. Che ci sarà mai da sorprendersi? Il leader pugliese porta a compimento un processo iniziato qualche anno fa a Chianciano quando dopo aver perso il congresso post-elettorale di Rifondazione Comunista decise bene di rompere quel partito pur di esser l'unico a comandare. D'altronde quello strappo su cosa si basava? Soprattutto sulle relazioni col PD, che per Vendola era allora ed è ancora adesso l'unica stella polare del suo percorso politico.
Alleanze a prescindere, così facciamo le primarie e mi gioco le mie chance. Politica, zero; potere, massimo. 
Dalla scissione Vendola ha rifiutato in maniera categorica qualsiasi confronto con la FdS, nonostante i ripetuti inviti. E dire che a sentirlo parlare Vendola e comunisti sosterrebbero cose simili: con la Fiom contro Marchionne, per esempio; all'opposizione del governo Monti; contro il fiscal compact. Tanto per fare qualche esempio concreto. Tutte posizioni che accomunano SEL anche all'Italia dei Valori. E tutte posizioni, en passant, che non solo lo dividono da Casini, ma anche dal PD. Ma chi se ne frega! In fondo si tratta solo di parole, non di programmi seri. Per quelli, ci mancherebbe, meglio allearsi con i sostenitori di Monti, con gli amici del Vaticano, con i rappresentanti dei poteri forti.
Così sì che si cambia l'Italia, con Casini, Binetti, Fioroni e Letta. Questo deve aver capito Vendola della crisi che deve esser evidentemente frutto della troppa influenza della sinistra sulla politica economica italiana. Ed allora meglio spostarsi a destra, abbandonare Marx per Montezemolo, un pò più privatizzazioni, un pò meno diritti, un bel pò meno stato sociale - quello che finora è stato il programma di Bersani e Casini. E che quindi diventa quello di Vendola. 



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Resistenza Olimpica - Gelindo Bordin



Un momento magico nella gara principe delle Olimpiadi, la maratona: Gelindo Bordin entra solo nello stadio di Seoul, vince e bacia il terreno. 
Una delle più belle immagini dell'Italia all'estero. Un inno alla costanza, alla forza di volontà, alla resistenza.




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mercoledì 1 agosto 2012

Resistenza Olimpica - Julio Velasco




Julio Velasco è stato l'uomo che ha fatto sbocciare la pallavolo in Italia. Dopo anni, decenni di anonimato, questo argentino filosofo che si è sempre distinto nella denuncia dei crimini della dittatura dei colonnelli, ha portato l'Italia del volley prima sul tetto d'Europa poi su quello del mondo, in una famosa finale vinta contro Cuba.
Quella generazione vinse quasi tutto, ma rimane impressa anche per la sconfitta, bruciante, alle Olimpiadi di Barcellona del 1992 e poi ancora in finale ad Atlanta 1996, sempre per mano dell'Olanda. Perchè anche per i grandi campioni arriva prima o poi l'ora della sconfitta. La differenza la fà la grazia con cui questa sconfitta viene accettata. 


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