lunedì 5 settembre 2011

COME ABOLIRE IL DIRITTO AL LAVORO

Se diventano legge, le modifiche all´art. 8 del decreto sulla manovra economica avranno effetti ancor più devastanti per le condizioni di lavoro e le relazioni industriali di quanto non promettesse la prima versione. I ritocchi al comma 1 rendono più evidente la possibilità che sindacati costituiti su base territoriale – si suppone regionale o provinciale, e perché no, comunale – possano realizzare con le aziende intese che, in forza del successivo comma 2, riguardano la totalità delle materie inerenti all´organizzazione del lavoro e della produzione. Da un lato si apre la strada a una tale frammentazione dei contratti di lavoro e delle associazioni sindacali da rendere in pratica insignificante la presenza a livello nazionale dei sindacati confederali; un esito che la maggioranza di governo punta da anni a realizzare.
Dall´altro lato la combinazione dei commi 1 e 2 darebbe origine a veri mostri giuridici. Il comma 2 stabilisce infatti che le intese sottoscritte da associazioni dei lavoratori più rappresentative anche sul piano territoriale valgono per la trasformazione dei contratti di lavoro e per le conseguenze del recesso del rapporto di lavoro. Come dire che se il sindacato locale accetta che uno possa venir licenziato con tre mesi di salario come indennità e basta, tutti i lavoratori di quel territorio dovranno sottostare a tale clausola. C´è dell´altro. Le eventuali intese tra sindacati e aziende riguardano anche le modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese – si noti bene – le collaborazioni coordinate o a progetto e le partite Iva. Il che significa che il sindacato potrebbe sottoscrivere dei contratti che prevedono l´impiego di lavoratori autonomi, quali sono formalmente i collaboratori e le partite Iva, come lavoratori dipendenti. Finora, se qualcuno cercava di realizzare simile aberrazione, finiva dritto in tribunale. L´art. 8 del decreto trasforma l´aberrazione in legge.
Quanto al nuovo comma 2-bis, esso abolisce di fatto non solo l´art. 18, bensì l´intero Statuto dei lavoratori. E con esso un numero imprecisato di disposizioni di legge che disciplinano le materie richiamate dal comma 2, visto che nell´insieme essi abbracciano ogni aspetto immaginabile dei rapporti di lavoro. Ciò è reso possibile dalla esplicita indicazione che le intese di cui al primo comma operano anche in deroga alle suddette disposizioni ed alle regole contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro. A ben vedere, il legislatore poteva condensare l´intero articolo 8 in una sola riga che dicesse “i contratti collettivi nazionali sono aboliti e con essi tutte le norme concernenti il diritto del lavoro”.
Per quanto attiene alla tutela della parte più debole del contratto di lavoro, sarebbe quindi un eufemismo definire scandaloso il complesso del nuovo articolo 8 del decreto. Ma è giocoforza aggiungere che esso è anche penosamente miope per quanto riguarda il contributo che una riforma delle condizioni di lavoro potrebbe dare ad una ipotetica ripresa dell´economia. Il nostro Paese avrebbe bisogno, per menzionare un solo problema, di cospicui interventi nel settore della formazione continua delle sue forze di lavoro, di ogni fascia di età. È un settore in cui siamo indietro rispetto ai maggiori paesiUe. Questo decreto che punta in modo così smaccato a dividere le forze di lavoro per governarle meglio li rende impossibili. Naturalmente, c´è di peggio: esso rende anche impossibile un significativo recupero mediante la contrattazione collettiva della quota salari sul Pil, la cui caduta – almento 10 punti in vent´anni – è una delle maggiori cause della crisi.

Luciano Gallino
Da La Repubblica del 05/09/2011.

RESISTENZA INTERNAZIONALE APPOGGIA LO SCIOPERO GENERALE DEL 6 SETTEMBRE 2011
FIRMA L'APPELLO!

Image by FlamingText.com
“Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi. Se questi elementi non ci sono, l'operazione non può riuscire”*.

Le condizioni di vita, il futuro ed il senso stesso del lavoro e della libertà dei lavoratori italiani sono messi in gioco da un Governo privo di consenso e di credibilità politica e morale, che pretende di cancellare il contratto nazionale favorendo gli accordi aziendali e che crede prescindibile lo Statuto dei Lavoratori.

Schierandoci a favore dello sciopero generale indetto il prossimo 6 settembre 2011 dalla CGIL intendiamo proclamare che “l'operazione non può riuscire”, perché nessun italiano può essere derubato impunemente dal proprio Governo di quei diritti sociali che dovrebbero essere il cardine di uno Stato davvero capace di “colpire esosi e intollerabili privilegi”.

*Enrico Berlinguer a Eugenio Scalfari su “Repubblica” il 28 luglio 1981.

Per firmare l'appello

Presto e bene
(la Manovra spiegata foneticamente)
Di Monica Bedana


Ultimamente hanno tutti una fretta del diavolo.
Far presto e pene; immagino la Merkel che chiama Silvio e, col suo imperioso accento teutonico che non distingue tra bilabiali sorde e sonore, fa da portavoce ufficiale al sistema Europa, l'ente supremo che fagocita ogni capacità di decisione degli stati sovrani e ingurgita alla velocità della luce anche l'ultima briciola del loro diritto sociale.

E cosí, nella fretta di un'infame domenica insolitamente lavorativa per la Commissione Bilancio del Senato, passa la deroga all'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori: in questo caso la bilabiale è decisamente sorda, pene -dell'inferno- per il futuro dei lavoratori italiani, pene perché i loro diritti, da questo momento, sono decisamente fottuti.

Bene invece (con bilabiale sonora, esplosiva), per Marcegaglia, per esempio, che aveva fretta che il Governo trovasse la forza di fare queste cose, queste cose sorde e occlusive, s'intende.
Presto presto anche per Trichet, con quella sua erre uvulare o francese che non è presente nel sistema fonetico italiano ma che volendo potremmo introdurla in fretta nella Costituzione a cambio dell'acquisto di qualche manciata dei nostri Titoli di Stato da macero.
Reclama il presto e bene perfino Napolitano, l'inerme Presidente della Repubblica ormai incapace di insufflare con la forza sufficiente l'aria necessaria a pronunciare quella bilabiale esplosiva e sonora che inizia con la “b” di BASTA.

Ho fretta anch'io. Di scendere in piazza domani con la CGIL e di spingerci uno ad uno tutti i pusillanimi indecisi. Di poterlo fare anche con la forza della rete. Per non ricevere mai più per risposta 404: democracy not found.

Quando eravamo migranti
A cura di Simone Rossi

Ieri, sabato 3 settembre, ho partecipato ad una manifestazione tenutasi a Londra, nel quartiere Whitechapel, per impedire ad alla English Defense League (EDL) di tenere un presidio contro l’islamizzazione dell’Inghilterra. La EDL è un’organizzazione di estrema destra, che si richiama al nazismo ed è nel solco del fascismo inglese. Creata all’inizio del 2009, focalizza la propria attenzione sugli immigrati, prevalentemente di fede islamica, visti come una minaccia alla cultura ed alla società inglese. Gli slogan e le parole d’ordine ricordano molto quelle della nostrana Lega Nord e di Forza Nuova, conditi di luoghi comuni su presunti privilegi che alcuni immigrati otterrebbero in termini di sussidi e case popolari, senza peraltro integrarsi nella società che li accoglie, anzi, minandone le basi culturali. In Inghilterra come in Italia, i liberali e le sinistre sono comunemente criticati per il relativismo ed al lassismo che permetterebbe all’estremismo islamico di metter radici nel continente europeo.

Un parte del successo delle organizzazioni di estrema destra è dovuto ai cambiamenti sociali e culturali degli ultimi decenni, la cosiddetta globalizzazione, che ha provocato la de-industrializzazione delle nostre economie, accompagnata dal precariato e da una disoccupazione endemica. Anche una qual certa ignoranza della storia patria contribuisce a consolidare nelle fasce più povere della popolazione l’idea che l’immigrazione sia un fenomeno massiccio che destabilizza le nostre società. Ne sono complici il sistema scolastico e i mass-media, che hanno abdicato (se mai l’hanno avuta) alla propria missione di informare e di educare i cittadini; inoltre le migrazioni degli ultimi decenni non sono contestualizzate e le problematiche che gli immigrati affrontano nel nuovo contesto di vita sono negate. In particolare questa mancanza di empatia è lampante in Italia, terra di massicce migrazioni interne e verso l’estero, dove la popolazione locale riversa sui nuovi arrivati i medesimi stereotipi affibbiati ai nostri connazionali nei tempi passati, creando il terreno fertile per il razzismo. Non è infrequente discutere con qualcuno che, originario del sud-Italia, nega le discriminazioni subite dagli immigrati nelle città del nord, ben sintetizzate dai cartelli “non si affitta ai meridionali” affissi negli anni ’50 e ’60. Anche fenomeni come i pogrom contro gli italiani nella zona della Camargue, a inizio ‘900, l'emarginazione dei nostri connazionali in Belgio e le difficoltà linguistiche riscontrate in Germania, da cui è discesa per molti l'impossibilità di emancipazione sociale.

Per esercitare un po’ la nostra memoria collettiva desidero segnalare un articolo di Delfina Licata, della redazione del Rapporto Migrantes sugli Italiani nel Mondo, pubblicato sul numero 129 (luglio-agosto 2011) della rivista Nigrizia, “il mensile dell’Africa e del mondo nero” come recita la copertina.

Buona lettura.


 

Posted by Picasa

Missione Miracolo

Articolo segnalatoci da Carla Gagliardini; rende conto dei positivi risultati della "Missione Miracolo" svolta dai medici cubani che negli ultimi 5 anni  hanno operato gratuitamente  in Bolivia oltre seicentomila persone, provenienti da diversi Paesi sudamericani.
L'articolo è di "Telesur", il link all'originale è disponibile cliccando QUI  


El presidente de Bolivia, Evo Morales, destacó la solidaridad de Cuba para servir a los más pobres, celebrando la presencia de los médicos de la isla en su país que han operado en cinco años a más de 600 mil personas a través de la Misión Milagro.

En un acto público celebrado en la noche de este jueves, el mandatario celebró que los médicos cubanos hayan atendido a este número de personas de forma gratuita, que en su mayoría son de bajos recursos.

Cifras oficiales estiman que a través de la Misión Milagro se operaron a 600 mil 105 personas en el país andino, entre ellos, 32 mil 245 argentinos, 22 mil 280 peruanos, 48 mil 255 brasileños y 312 paraguayos.

"Estoy seguro que es un récord mundial. Por supuesto, nunca pensado en Bolivia, ese esfuerzo que hacen los hermanos y hermanas de Cuba. Una deuda impagable, una solidaridad inalcanzable e inolvidable para los beneficiarios", indicó.

Morales consideró que si Cuba no estuviese cercada por un bloqueo económico, podría movilizar más médicos y educadores por todo el mundo, tal como lo viene realizando en América Latina.

"Por eso, a nombre de los bolivianos y del Gobierno nacional vengo a expresar mi respeto y admiración por este trabajo de los hermanos cubanos, que dejan su patria, sus familias para ayudar a los más necesitados. Muchas gracias hermanos de Cuba por ese gran trabajo", expresó Morales.

"Antes, condenar el capitalismo era delito, era pecado, ahora todos condenamos, porque la crisis del capitalismo es impagable. Por eso, convencidos de que el capitalismo no es ninguna solución, Cuba no se equivocó, por eso somos admiradores de la Revolución cubana", expresó.

En la actividad, el coordinador nacional de la Brigada Médica Cubana, Luis Oliveros, resaltó que "la Operación Milagro es fruto de la Alianza Bolivariana para los Pueblos de Nuestra América (ALBA)".

Apuntó que el 90 por ciento de las personas con problemas visuales habitan en los países pobres, por lo que considera vital seguir adelante con la batalla contra la ceguera prevenible.



teleSUR-ABI-PL/ag-LD