giovedì 25 agosto 2011

Ogni scusa è buona. La crisi come pretesto per il colpo di grazia ai diritti sociali
A cura di Simone Rossi per la rivista "Aurora"

A quasi tre anni dallo scoppio della crisi finanziaria che portò al fallimento di alcuni istituti finanziari ed all’introduzione dei pacchetti di salvataggio delle banche, a due anni dall’annuncio del debito greco, i governanti dell’Europa si accorgono dell’esistenza di una crisi, a lungo negata, come nel caso di Berlusconi, o minimizzata per non dover assumere l’onere di riformare il settore finanziario e di rinnegare le politiche neoliberiste degli ultimi trent’anni. Come nel recente passato, però, le politiche economiche dei governi occidentali mirano a gettare il peso della crisi sul lavoro dipendente e sulla piccola-media impresa, con tagli indiscriminati alla spesa pubblica e incremento della tassazione sulla classe media e sul proletariato. Ancora una volta, anziché porre un freno al casinò della Finanza, regolamentandolo e ponendolo sotto il controllo della collettività, e tassare le rendite lo spauracchio del default e della “reazione dei mercati” è utilizzato per imporre alla gran parte della cittadinanza un ulteriore giro di vite sui diritti e sullo Stato Sociale, ammutolendo una Sinistra già di suo balbuziente.

Questi sembrerebbero tempi buoni per rispolverare un saggio pubblicato tre anni fa cui i mezzi di informazione a grande diffusione hanno fornito poco spazio a suo tempo. Una lettura forse poco idonea al dolce far niente sotto l'ombrellone, ma sicuramente istruttiva per chi vuol comprendere il nesso tra la crisi del debito e il “sacco” di classe che sta scoppiando in queste settimane.

Ripropongo qui un estratto della recensione del saggio della giornalista canadese Naomi Klein ”The Shock Doctrine “, pubblicata sul periodico Aurora lo scorso anno.
La narrazione della Klein illustra come nel corso degli ultimi cinquanta anni si sia assistito a numerosi tentativi, quasi sempre riusciti, di imporre i dogmi dell'economia neoclassica, o neoliberista come è frequentemente denominata, in larga parte del mondo, facendo ricorso a tecniche di manipolazione delle coscienze sviluppate nell'ambito militare, durante la Guerra Fredda. Secondo la ricostruzione presentata nel saggio, la cosiddetta Dottrina dello Shock annovera tra i propri “padri” lo psichiatra canadese Ewen Cameron e l'economista dell'Università di Chicago Milton Friedman. Il primo effettuò a partire dagli anni '50 una serie di esperimenti volti ad individuare tecniche per annichilire la volontà e la personalità delle persone, come possibile strumento di cura di alcune patologie psichiche; presto i suoi studi suscitarono l'interesse della CIA, che vedeva in queste tecniche uno strumento da utilizzare nella lotta al Comunismo. Le tecniche sperimentate da Cameron si basavano sull'utilizzo dell'elettroshock e di sostanze allucinogene, sull'isolamento dei “pazienti”, sull'alterazione del loro ciclo biologico e su altre tecniche di annullamento della persona; tecniche che avremmo poi visto utilizzate nella “guerra al terrorismo”. Nel medesimo decennio Friedman costruiva intorno a sé quella che sarebbe divenuta famosa come Scuola di Chicago, centro di elaborazione di teorie e strategie economiche neoclassiche, fondate sul dogma del libero mercato e della sua capacità di autoregolamentazione.

In base a quanto riportato da N. Klein, gli studi e le teorie di questi due uomini divennero le colonne portanti di quel processo di involuzione reazionaria che avrebbe poi preso l'avvio all'inizio degli anni '70, con cui una parte dell'élite politica ed economica statunitense e mondiale avrebbe “messo ordine” in casa e nel mondo, ponendo fine alle esperienze di governi progressisti nel Terzo Mondo, in particolare in quello che Monroe 150 anni prima aveva definito il cortile degli USA ('l'America Latina), ed erodendo poco a poco le conquiste sociali ottenute dai lavoratori nei Paesi Occidentali e nel Blocco Sovietico. È così che negli ultimi quarant'anni i fautori del sistema socio-economico liberista hanno imposto, con strappi successivi, le proprie politiche di riduzione della partecipazione democratica, di privatizzazione dei servizi e di compressione dei salari, sfruttando cinicamente e scientificamente i momenti di “shock” collettivo causato da catastrofi naturali o da eventi violenti di natura umana (guerre, colpi di stato, crisi economica).

A supporto della propria tesi la Klein offre un excursus di eventi che hanno caratterizzato la storia contemporanea del pianeta. Un primo esempio proviene dall'America Latina, continente segnato dall'avvento dittature fasciste nel corso degli anni '70, da crisi seguite alle politiche economiche dei governi militari, crisi gettate come un fardello sui governi di transizione democratica che hanno optato per l'opzione dell'indebitamento con organismi come la Banca Mondiale (BM) ed il Fondo Monetario Internazionale (FMI). La repressione violenta dell'opposizione da parte delle giunte militari, con metodi analoghi a quelli sperimentati da Cameron, la confusione causata dal dissesto finanziario, con fenomeni di iper-inflazione, ed il rischio, ventilato o reale, di default delle economie costituirono fattori di veri e propri shock collettivi che ammansirono ogni forma di dissenso all'implementazione di politiche neoliberiste. Secondo quanto descritto da N. Klein, situazioni analoghe si ripeterono alla caduta del sistema socialista in Europa Orientale, alla fine del regime di apartheid in Sud Africa, allo scoppio delle crisi economiche e finanziarie nel Sud-Est Asiatico ed in Estremo Oriente o, con non meno cinismo, a seguito di disastri naturali come l'uragano Katrina o lo tsunami nell'Oceano Indiano. L'instabilità politica ed economica, il rischio di una crisi dell'economia sono state utilizzate per indurre un senso di smarrimento, di disorientamento e di rassegnazione tra la popolazione, in modo da indurla ad accettare una trasformazione in senso liberista dell'economia e della società. Qualcosa cui noi Europei stiamo assistendo in questi mesi, con i governi che utilizzano il deficit di bilancio come clava con cui colpite i lavoratori dipendenti, i pensionati e le classi deboli, senza che esse reagiscano all'evidente ingiustizia.