mercoledì 24 agosto 2011

Questioni sparse


È questo l’ultimo atto dell’11 settembre? O forse l’instabilità è destinata a permanere?
Parsi sulla Stampa dice che vero nodo irrisolto e causa dell’instabilità di Maghreb e Levante rimane il conflitto israelo-palestinese (o arabo/israeliano): che significato ha la persistenza di tale incertezza ora che lo scenario delle relazioni internazionali si è trasformato e soprattutto l’America non è più solitario ed egemone driver di pace e guerra come dieci anni fa.
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=9121

A ben vedere però Obama “l’anti-imperialista”, ha fatto terra bruciata dei nemici storici ed ereditati, se vogliamo con una certa furbizia “guidando dal sedile posteriore” (da Bin Laden a Gheddafi puntando sull’effetto domino in direzione Assad e Ahmadinejad)http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=9122

Il ruolo dell’Europa in tutto questo? Sergio Romano con la solita aria da grande vecchio, pontifica che i complici dei regimi decaduti dovrebbero pagare anch’essi, ben sapendo che la storia ha la memoria cortissima (“Quanti uomini politici, soprattutto europei, verrebbero convocati all’Aja per rendere conto dei loro rapporti con il leader libico?”). Ma, secondo Romano, è soprattutto all’Europa, prima ancora che alla Nato, che spetta di gettare le basi per una Libia Democratica: notably Francia e Italia.
http://www.corriere.it/editoriali/11_agosto_24/i-veleni-in-coda-a-una-dittatura-sergio-romano_8e40bc74-ce0e-11e0-8a66-993e65ed8a4d.shtml

L’Italia, appunto: Caracciolo in un’intervista a L’Unità del marzo 2011 ci dava per sconfitti a prescindere e parlava di un’Italia affetta dalla sindrome del “posto a tavola” nell’illusione che partecipando, a modo nostro, a questa operazione di matrice “sarkoziana”, i francesi, gli inglesi e gli americani avrebbero spartito con noi il bottino della vittoria. Caracciolo metteva anche in guardia dall’assimilare la Libia ai movimenti di liberazione di Tunisia ed Egitto: “ La guerra in Libia è una storia a parte. L’errore di collocarla in una serie, dopo la Tunisia e l’Egitto, è alla radice della scelta franco-inglese-americana di entrare in guerra. Non esiste una rivoluzione popolare in Libia”.
http://napoli.indymedia.org/2011/03/21/guerra-alla-libia-%C2%ABcomunque-vada-noi-ne-usciremo-sconfitti%C2%BB-intervista-a-lucio-caracciolo/

Ora anche Caracciolo pur rimanendo dell’avviso che la guerra non è durata un lampo (“i lunghi mesi di guerra – non i pochi giorni pronosticati in Occidente sull'entusiasmo dell'insurrezione di Bengasi”), pur usando ironicamente l’espressione “guerra umanitaria”, sembra aver addomesticato i toni. Di fronte alle sue predizioni di sconfitta (simbolica?) dell’Italia, smentite dai giochi della politica internazionale e dalla memoria corta di cui sopra, non aggiunge più niente e anzi ci lascia un articolo insoddisfacente (quello di ieri su Repubblica), tramato di troppi interrogativi. Chi dovrebbe rispondere? Noi o lui? Con qualcuno ieri si ironizzava: aspettiamoci da Limes un numero monografico su Frattini, novello Camillo Benso.
http://temi.repubblica.it/limes/le-due-guerre-in-libia/26324


Francesca Congiu