lunedì 22 agosto 2011

Patrimoniale, ICI, tassare il Vaticano: scelte non più rimandabili
Di Nicola Melloni per "Resistenza Internazionale"

In tempi duri si sta richiedendo a tutti di contribuire per salvare le finanze del paese. Teoricamente è una
proposta giusta, anche se bisognerebbe mettere le cose un poco in contesto. Negli ultimi 30 anni, mentre
accumulavamo il quarto debito pubblico del mondo e mentre il paese viveva al di sopra delle proprie
possibilità, qualcuno aveva già cominciato a pagare. Gli operai, ad esempio, in termini reali sono più poveri
di 30 anni fa, il salario ha perso potere d’acquisto e le condizioni di vita, nonché i diritti, variabile
assurdamente considerata non economica, sono peggiorati. I giovani vivono una esistenza precaria, con
contratti a tempo determinato,con pochissime occasioni di sviluppo professionale, insomma stanno peggio
dei loro coetanei di tre decadi fa. In generale il reddito si è distribuito contro il lavoro (dipendente) ed a
favore del capitale, la distribuzione della ricchezza si è polarizzata, più ai ricchi, meno ai poveri con un
generale processo di proletarizzazione della classe media, proprio quello che il vecchio Marx aveva previsto
150 anni fa e che si era evitato grazie al welfare state e alle politiche keynesiane, oggi tanto bistrattate.
Dunque, alla prova dei fatti, sembra un po’ bizzarro oggi che si chieda a coloro che già tanto, troppo, hanno
dato, di contribuire nuovamente a salvare il paese. La concertazione, la moderazione salariale erano state
richieste ed ottenute nel ’93 e poi per entrare nell’Euro. A moderazione salariale non corrispose però
moderazione nei profitti e ancor meno nelle rendite, improduttive per definizione. Ora siamo in una
situazione in cui molti pensionati vivono sotto il livello di povertà, in cui i giovani non possono comprarsi
una casa e quando perdono il lavoro devono tornare a vivere dai genitori, in cui i consumi sono in calo
perché il reddito è in calo. Ed in questa situazione si tagliano gli investimenti pubblici, si aumentano le
tasse, si paga il ticket sanitario. Sì, viene richiesto un contributo di solidarietà ai più abbienti, ma sa tanto di
contentino. Non è sufficiente in termini economici, non è abbastanza in termini di equità. La patrimoniale
era già necessaria 17 anni fa, quando sarebbe servita per riequilibrare il reddito, sarebbe stata giusta
quando si entrò nell’euro, è indispensabile ora per provare a mettere in ordine, parzialmente, i conti
pubblici. La richiedono anche molti ricchi che, se non illuminati, hanno almeno capito la gravità del
momento e comprendono che non si può sottoporre il paese all’ennesimo salasso che distruggerebbe
l’economia reale, facendoci ripiombare nella depressione con conseguenze gravissime nei prossimi anni, a
cominciare da una dinamica impazzita del debito ed una probabile fuori uscita dall’euro.

Dunque la patrimoniale, far pagare di più a chi più ha avuto in questi anni, non è solo un obbligo morale,
ma una necessità economica. Non si tratta di tassare i profitti reinvestiti, ma la ricchezza non produttiva,
quella che viene spesa in lusso e accumulata nei caveau, quella che non serve al paese perché questa
è l’ora di pensare a quello che davvero si può fare per salvare Italia ed Europa. Al contempo dovrebbe
essere reintrodotta l’ICI, l’unica seria misura di federalismo fiscale e tassa perequativa per eccellenza – a
patto naturalmente che si rivedano gli estimi catastali. Certo, come si è detto altrove, la casa è un diritto
fondamentale, ma non per questo esentasse, soprattutto quando non si pagano tasse su ville e castelli
registrate come prima casa, alla pari di squinternati scantinati. E con la ricchezza andrebbero tassati i
privilegi, a cominciare da quelli del Vaticano, calcolati da Repubblica in oltre 3 miliardi di euro annui. Perché
gli immobili commerciali della Chiesa non paghino l’ICI è una domanda che non avrà mai risposta. Non solo
si detraggono risorse indispensabili alle casse dello stato, ma si fa anche concorrenza illecita agli operatori
che, invece, quell’ICI, devono pagarla. Inoltre, in un momento in cui si fatica a trovare soldi per la ricerca,
destinare l’8 per mille alla CEI è una follia senza logica. Certo, tra le attività pastorali della Chiesa c’è anche
l’assistenza ai disagiati, meritevole, ma la maggioranza di questi contributi vengono usati per le spese
correnti, a cominciare dallo stipendio del clero, una cosa di cui si dovrebbe occupare il Vaticano – che se
non ha soldi potrebbe sempre cominciare a seguire il consiglio del sottosegretario Crosetto, vendere gli
immobili di valore per finanziare il debito, invece che prendere soldi dai contribuenti di uno stato vicino alla
bancarotta.

Queste sono misure di civiltà elementare e non può sorprendere che non vengano fatte da chi difende
il privilegio di classe e di casta. Ma certo che non vengano proposte nemmeno dall’opposizione
parlamentare, scavalcata a sinistra pure dagli industriali lascia davvero esterrefatti. E’ indegno questo
governo che affossa l’Italia, non è degna questa opposizione senza idee, con la coda di paglia, sempre
pronta ad accucciarsi in attesa della carezza del padrone, senza il coraggio di fare le scelte giuste. La Tobin
Tax che da oltre un decennio veniva richiesta dalla sinistra viene ora fatta propria dai conservatori alla
Merkel e Sarkozy. La denuncia della globalizzazione senza regole e del potere delle banche viene ogni ora
confermata dall’evolversi dei fatti. La storia, semplicemente, sta dando ragione a quei milioni di cittadini
che non hanno mai creduto nelle opportunità del mercato ma hanno temuto il potere delle oligarchie.
Arrivarci però con 5, 10, 15 anni di ritardo non serve a nulla. Le scelte coraggiose van fatte subito, non
quando è ormai troppo tardi.

Altro che mano invisibile. Ora è tempo degli animal spirits.
Di Nicola Melloni da "Liberazione" del 20/08/2011

Non sembra esserci fine a questa drammatica crisi di inizio secolo: le borse continuano a crollare e la recessione ora spaventa sia l'Europa che l'America. I governi non sembrano aver nessuna idea innovativa, prima si sono affidati al deficit spending per risanare le banche (e non per far ripartire l'economia reale), ora sperano che l'austerity possa calmare gli appetiti rapaci della speculazione internazionale. Ma si tratta fondamentalmente di wishful thinking, idee basate sulla speranza e non sull'analisi, che sembra ormai completamente mancare alla nostra classe politica. La realtà è che i governi occidentali sono ormai ostaggio dei mercati finanziari, che rispondono a logiche di brevissimo, immediato, periodo e non hanno nessuna visione del mondo al di fuori di quella del profitto immediato. Questi mercati sono retti dai cosiddetti animal spirits, altroché mano invisibile di smithiana memoria.

In effetti, quello a cui ci troviamo di fronte è un capitalismo che nulla ha a che fare con quello di Adam Smith, né con le altre forme di capitalismo che si sono storicamente succedute. Non vi è più un governo come comitato di affari della borghesia di marxiana memoria; quella borghesia aveva un progetto ed era protesa in uno sforzo egemonico tale da instaurare quelle istituzioni che potessero garantire l'accumulazione del capitale e la riproduzione dei mezzi di produzione. Sfruttando e saccheggiando ma costruendo, nel contempo, le basi del proprio futuro. Il capitalismo attuale non è nemmeno quello taylorista quando gli interessi della General Motors erano coincidenti con quelli dell'America. Certo quel capitalismo industriale era conscio della lezione del '29, della tendenza alla sovrapproduzione e della lezione di Keynes. Era un capitalismo che, naturalmente, sfruttava i lavoratori, ma garantiva il reddito e l'occupazione, perché i lavoratori erano anche consumatori e fornivano la domanda per le merci che essi stessi producevano.
Questo capitalismo, finanziario, è diverso, non capisce le necessità di riproduzione del capitale perché, per sua stessa natura, è interessato a tutt'altro. E' quella stessa logica che ha portato i Ceo delle compagnie finanziarie (e di alcune grandi industrie, come la Enron) ad aumentare artificialmente la quotazione delle azioni per raggiungere un guadagno (ed un bonus) immediato, pure al costo di sfasciare la redditività della compagnia. E' sempre quella logica perversa che faceva alzare gli indici borsistici quando la disoccupazione aumentava poiché questo significava una riduzione del numero di addetti e quindi dei costi delle imprese, ed in questa spirale di assurdità meno costi voglion dire maggiori profitti.

Non può dunque sorprendere che questi mercati finanziari stiano adesso addosso ai governi rei di averli salvati non più tardi di quattro anni fa. Chiedono finanziarie pesantissime per garantire il pagamento dei conti di oggi, ma non si rendono nemmeno conto che così facendo inficiano le prospettive di crescita di domani, quando verrà presentato un conto ancor più salato di quello odierno. Ed infatti, mentre i governi alzano le tasse e tagliano la spesa, l'industria boccheggia, a cominciare dall'auto, il bene di consumo per eccellenza. E non può essere un caso che i capitalisti di lungo corso abbiano visioni in netto contrasto con quelle dei finanzieri alla Marchionne che vedono come il fumo negli occhi un innalzamento delle tasse che diminuirebbe i profitti - vale per la Tobin Tax come per il prelievo di solidarietà o i tax cuts di Bush. Questi "vecchi" capitalisti capiscono che la finanziarizzazione dell'economia ha messo il capitalismo ed il mondo occidentale k.o., che mentre gli investitori vedevano gonfiarsi il portafogli, il lavoro perdeva reddito ed il capitalismo occidentale smetteva di investire e cominciava ad indebitarsi. Dunque i Buffett e i Montezemolo chiedono che vengano alzate le tasse ai ricchi, la cui propensione marginale al consumo rimarrebbe invariata, non andando a toccare il ceto medio, la cui incipiente proletarizzazione significa soltanto declino e miseria per l'Occidente.

Quello che nel 2007 non si è voluto capire è che la crisi finanziaria non era un qualcosa di passeggero da mettere a posto semplicemente con l'intervento pubblico. Quel che ci si è ostinati a ignorare è che la crisi greca non era solamente un evento di mala-finanza e di conti truccati. Quel che ora è indispensabile comprendere è che siamo di fronte ad una crisi sistemica e solo un totale rovesciamento del paradigma neo-liberale e il superamento del capitalismo finanziario potranno salvare un mondo che ci sta sprofondando sotto i piedi.

Cuatrovientos
Di Monica Bedana


Il gran discorso pubblico del Papa a Madrid se l'è portato via il vento. Ironia della sorte, il luogo in cui ha tentato di pronunciarlo si chiama Cuatrovientos. E per la posterità cattolica rimarrà il ricordo di quel silenzio calato all'improvviso su oltre un milione di persone arse dal sole, bagnate dalla pioggia e spazzate via dal vento in uno scenario degno di tutte e sette le piaghe d'Egitto.

Per la posterità laica, di questa visita papale rimarranno invece silenzi ben più pesanti, come quelli nati dalla furia di zittire la coscienza civile a base di manganellate. O dall'incongruenza di un Papa che chiede “radicalità cristiana” di fronte al rifiuto della fede ma non sa posizionarsi in modo altrettanto radicale sulla questione, cruciale per questo Paese, della fine dell'Eta.

Cuatrovientos e la Puerta del Sol si son visti trasformati in questi giorni in luoghi simbolo di irriconciliabili rivendicazioni, rivelando che il profondo malessere sociale scaturito dalla crisi economica è maturato a tal punto da aver la forza di scardinare l'idea storica della Spagna come baluardo del cattolicesimo. E anche questa controversa, forse inopportuna, sicuramente ostentata e caotica Giornata Mondiale della Gioventù andrà valutata, da oggi, in termini di voti per le prossime elezioni. Solo il 20 novembre sapremo che conseguenze avrà per le urne quest'esigenza impellente di uno Stato laico che nulla possa distogliere dal cittadino.