giovedì 26 maggio 2011

Aspettando il secondo turno delle elezioni


L’esito del primo turno delle elezioni amministrative in Italia ha generato un diffuso entusiasmo tra quei cittadini che non approvano le politiche ed i metodi della coalizione che governa il Paese. La posizione di vantaggio ottenuta dal candidato Giuliano Pisapia a Milano é stata festeggiata da migliaia di cittadini milanesi e non solo e questo exploit unito a quello di Luigi De Magistris a Napoli ha portato molti esponenti della Sinistra a prospettare la fine del modello culturale berlusconiano; infine, il buon risultato delle liste afferenti al Movimento 5 Stelle ha spinto molti ad azzardare una “primavera” italiana, sul modello dei cambiamenti occorsi in Egitto e Tunisia.
Complessivamente, si tratta di un risultato che, se confermato al secondo turno e se rafforzato dall’elezione a sindaco di Pisapia e di De Magistris, indurrà a pensare che la Destra abbia finalmente intrapreso una china discendente in termini di consenso e che una coalizione ancora forte alle elezioni regionali dello scorso anno, oggi si stia sfaldando. Dal mio punto di vista, peró, mi pongo la domanda se il risultato del primo turno delle elezioni amministrative possa davvero esser intravisto come un punto di svolta rispetto all’Italia che abbiamo conosciuto sino ad ora e non semplicemente come un’espressione di quel modello dell’alternanza che dal 1993 ad oggi si é cercato di imporre al parlamentarismo pluri-partitico italiano. Prescindendo dal fatto che l’esito finale per le due principali città chiamate al voto sia lungi dall’esser scontato e che per 6 delle 11 province l’elezione del presidente averà al ballottaggio del prossimo fine settimana, va osservato che durante questi diciassette anni di “seconda” repubblica abbiamo assistito a tre fasi di “rinascita” della Sinistra, a tre primavere. La più significativa fu quella del periodo 2004/2005 in cui, tra l’altro, la Provincia di Milano fu aggiudicata alla coalizione di CentroSinistra guidata da Filippo Penati: al primo turno Penati ottenne un vantaggio di 5 punti percentuali (43% contro 38%) ed al secondo superó il 50% dei voti. La fase positiva per le forze progressiste apertasi con le elezioni amministrative di quell’anno fu rafforzata dall’esito delle consultazioni regionali dell’anno successivo, quando fu allargato il numero di giunte di CentroSinistra ed anche nel Nord, in Piemonte, fu eletto un Presidente di Regione di area  progressista.
Il dibattito pubblico negli ultimi quindici anni è stato dominato da temi quali il controllo del’immigrazione, la repressione della micro-criminalitá, la deregolamentazione dei rapporti di lavoro, la libertà di impresa; si tratta di questioni che evidenziano un’egemonia culturale, o per lo meno una predominanza, delle forze conservatrici e liberiste del Paese. Egemonia che si riflette anche nelle forme della politica: l’impiego massiccio dell’immagine nella comunicazione, la sostituzione dei fatti con le narrazioni ed la tendenza al leaderismo. Ciò che chiedo a coloro che individuano nel risultato elettorale un segno di cambiamento è se notino anche un mutamento nella mentalità degli italiani e nel loro approccio alla cosa pubblica. In quale misura il rilevante risultato elettorale raccolto dalle liste 5 Stelle possa esser letto come un desiderio di discontinuità con gli ultimi due decenni, nel momento in cui lo slogan “sono tutti uguali” richiama quelli con cui la Lega Nord e Forza Italia raccolsero consensi dopo la stagione di Mani Pulite. Quale ventata di cambiamento porta con sé l’elezione di Fassino a sindaco di Torino, in chiara continuità con quel Chiamparino che si vanta di aver un rapporto di confidenza con Marchionne e che dispensa perle di saggezza agli operai sotto ricatto? Come rallegrarci di una vittoria di misura del CentroSinistra in quella Bologna che per decenni fu una roccaforte rossa ed un laboratorio della buona amministrazione?
Dalla straripante vittoria della Casa delle Libertá nel 2001 i partiti progressisti hanno focalizzato il proprio operato evidenziando il marcio e la carica eversiva del berlusconismo e della Destra italiana, ma allo stesso tempo hanno modellato la propria proposta sociale ed economica su quella dell’avversario politico. Non c’è stata l’elaborazione di un modello alternativo, che ponesse il cittadino al centro dell’azione politica, anziché il denaro; tutt’al più ci si è limitati a proporre forme di solidarietà e di assistenzialismo per smorzare gli effetti del turbo-capitalismo. Anche allo scoppio della crisi finanziaria ed economica, non si è osato metter in discussione un sistema che dagli anni 1980 ad oggi ha causato il progressivo impoverimento della popolazione, il degrado ambientale e l’erosione degli spazi di democrazia. Come si può quindi pensare che il “vento sia cambiato”? Quale rivoluzione culturale è stata messa in atto per riaffermare l’egemonia dei principi e dei valori costituzionali? Ben venga l’elezione di Pisapia, di De Magistris e degli altri candidati di CentroSinistra, ma essa sia il punto di partenza per un’operazione di ribaltamento del discorso pubblico, di costruzione di una società. I dirigenti di partito imparino dagli errori del passato e non si accontentino del mero risultato elettorale.
Simone Rossi