sabato 9 aprile 2011

DE ANDRE’ e EL CHE: ma cosa centrano?


E’ sabato mattina, mi sono svegliata presto. Le persone normali che non devono andare a lavorare probabilmente dormono. Anch’io potrei restare a letto ma da giorni un forte raffreddore mi attanaglia e cosi’, anche stamattina, mi sono svegliata prima del solito e ho iniziato a pensare.
Leggevo le ultime notizie e articoli di questo blog e hanno iniziato a impossessarsi della mia mente le parole cantate da Fabrizio De Andre’ “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori”. E poi ho visto i video postati sul blog e con immenso piacere mi sono ritrovata il compagno Fidel Castro. Allora il mio cuore ha cominciato a traboccare di un sentimento piacevole, difficile da descrivere. E cosi’ continuando nel girone delle mie emozioni mi sono venute in mente altre parole bellissime, questa volta pronunciate da un rebelde: Ernesto Guevara de la Serna, piu’ noto come El Che. Il Che diceva “Senza perdere la tenerezza” e questa frase ha dato vita anche a un libro.
Con queste due splendide frasi, che hanno sempre ispirato la mia militanza politica, ho provato un sentimento raro. Queste parole riecheggiano spesso nella mia mente ma non le avevo mai collegate tra di loro. Che cosa significano per me? Il concetto e’ semplice ma non lo e’ altrettanto esplicitarlo. Ci provo.
Spesso ho sentito dire che per fare politica ci vuole una buona dose di sangue freddo, direi quasi di cinismo, perche’ gli interessi che sono da considerare sono molteplici. Questo comporta che alle volte certi diritti fondamentali, come quello alla vita o ad avere un ambiente incontaminato, vengano svuotati per superiori esigenze nazionali o internazionali. Normalmente queste esigenze sono affari che i Paesi fanno con altri Paesi o che le multinazionali fanno con i Paesi o, ancora, che privati fanno con i Paesi. Insomma, per dirla banalmente, tutto si riduce a una questione di interesse monetario e quindi di potere.
Ecco come le parole cantate da De Andre’ e quelle pronunciate dal Che entrano, a mio giudizio, in modo dirompente in questo contesto che rappresenta la quotidianita’ della nostra politica occidentale.  Il modello di politica che ne verrebbe fuori, se prendessimo come riferimento quelle parole, sarebbe un modello che metterebbe l’uomo e l’umanita’ al centro della vita, del pensiero e dell’azione politica ricordandoci che non e’ principalmente dalle cose materiali che una societa’ si evolve. Ricordandoci che una societa’ deve essere pensata e costruita nell’interesse dell’intera collettivita’ e non per il vantaggio di pochi potenti. Ricordandoci che la politica, per essere esercitata con la P maiuscola, non deve MAI PERDERE LA TENEREZZA. Questa, infatti, ci consente di rimanere a contatto con la societa’ vera, quella formata da lavoratori e lavoratrici, pensionate e pensionati, studentesse e studenti, ricercatori e ricercatrici che sono il vero motore di una societa’ perche’ senza di loro non esisterebbe la FIAT e nessun altro settore produttivo e di ricerca del paese.
Troppo spesso, credo, non si capisce l’importanza che i lavoratori hanno nella vita di una societa’. Si finisce col considerare anche gli imprenditori come appartenenti a questa categoria. Certamente anche loro svolgono il loro lavoro, ma il termine lavoratori e’ quello storicamente adottato dalla sinistra per rappresentare la vera classe produttiva del paese, ossia quella costituita da migliaia e migliaia di donne e uomini che ogni giorno, per otto ore al giorno producono nel paese (e qui mi viene da citare altre parole di una nota canzone dei lavoratori: “Se otto ore vi sembran poche provate voi a lavorare… e proverete la differenza tra lavorare e comandar…”).
L’imprenditore fa altro, come noto, e si limita ad organizzare i mezzi di produzione, come anche il nostro codice civile stabilisce quando da’ una definizione di imprenditore. Ma se non ci fossero i lavoratori che cosa organizzerebbe un imprenditore? Un bel nulla!
E allora credo che la politica per farsi sentire e rispettare dovrebbe partire da tutto questo e forse i cittadini e le cittadine sentiranno che la Politica si sta occupando davvero di loro, dei loro problemi, del loro presente e del futuro. E forse i giovani non saranno piu’ la generazione di disperati condannati dalla pochezza dei nostril dirigenti a un futuro di precarieta’ e senza la possibilita’ di progettare il domani.
Quando chiediamo alla politica di cambiare io credo che le stiamo chiedendo di lanciare una nuova primavera, simbolo della rinascita perche’ in primavera tutto fiorisce, e di riacquistare la tenerezza per cosi’ saper stare vicino ai cittadini e alle cittadine e interpretare le loro esigenze.
Carla