mercoledì 9 febbraio 2011

Merkel prepara la svolta in fabbrica"Orario di lavoro a misura di famiglia


Governo, sindacati e imprenditori si impegnano a rivedere l'attuale sistema entro il 2013: più spazio al tempo libero. L'obiettivo è dare ai lavoratori la possibilità di occuparsi dei figli

dal nostro corrispondente ANDREA TARQUINI  (Repubblica)

L'impianto della Volkswagen a Wolfsburg 
BERLINO - Non basta la forza della ripresa economica, non basta il robusto ruolo della Germania come global player, primo della classe mondiale nell'export di qualità, numero uno del welfare: bisogna ripensare il modello-paese cominciando dall'orario di lavoro. Deve diventare flessibile e offrire a chi lavora più tempo ed energia per la famiglia. Ecco la nuova sfida di Angela Merkel. Parlando a un congresso a Berlino, la cancelliera ha firmato con i vertici dell'industria e dei sindacati la Carta dell'orario di lavoro orientato sulla famiglia. Una nuova idea di riforma del sistema Germania.

"Imprenditori, siate creativi su questo tema, altrimenti costringerete noi leader politici a essere creativi per tutti", ha detto Angela Merkel. Le piaghe sono da un lato "lo scandalo", ha sottolineato la cancelliera, della presenza assolutamente insufficiente, irrisoria delle donne ai piani alti del potere economico: tra il 2,2 e il 3% appena. Dall'altro i problemi demografici, comuni alle società occidentali. Nascono troppo pochi bambini, anche in Germania, perché la gente si concentra sul lavoro, non ha tempo per i figli o pensa di non averlo, né di poterseli permettere.  E' inutile e sbagliato pensare di risolvere i problemi introducendo le quote rosa nel mondo economico, pensa Angela Merkel. Secondo lei ci vuole ben altro, e in quella dichiarazione programmatica la sua linea è passata. Governo, imprenditori, sindacati, si impegnano nella Charta der familienfreundlichen Arbeitszeiten a rivedere
il sistema dell'orario lavorativo entro il 2013. A quella data, governo e parti sociali faranno una verifica. Il documento promette di creare nuove condizioni, una realtà flessibile che si muova caso per caso tra gli estremi del lavoro a tempo pieno con annessi straordinari visto che l'economia tira e del part-time. L'obiettivo è dare in tal modo alle famiglie "possibilità attendibili, durevoli e adeguate ai loro bisogni di occuparsi dei figli e della loro educazione".

E' una nuova sfida del centrodestra moderno europeo, quello saldamente al potere a Berlino con la Merkel, a Londra con David Cameron, a Varsavia con Donald Tusk. Bisogna guardare alla realtà con altri occhi, ha detto la giovane ministro della Famiglia, Christian Schroeder, che pure è incinta e ha deciso di continuare a lavorare senza congedo. "La cultura tradizionale della priorità alla presenza alla scrivania in ufficio o alla catena di montaggio è obsoleta e dannosa", ha spiegato, "perché chi ha meno tempo per sé finisce per non lavorare

E adesso? Sciopero generale


E adesso? E adesso che Sergio Marchionne ignorando bellamente le scadenze elettorali e i giochi politici italiani ha fatto sapere ciò che da tempo si propone di fare: assorbire la Fiat nella Chrysler? Quello che ha fatto trapelare come voluta indiscrezione l’amministratore delegato della Fiat lo si sapeva da tempo. La Fiat è stata progressivamente assorbita dalla azienda americana, anzi è il mezzo con il quale Marchionne è andato al vertice di quell’azienda. Il piano di produzione per Pomigliano e soprattutto quello per Mirafiori erano già un progetto che destinava gli stabilimenti italiani a un ruolo di decentramento produttivo della Chrysler. L’atteggiamento coloniale di Marchionne sugli operai è una pura conseguenza di questa scelta industriale.
Era già chiaro dalle carte che si andava in questa direzione, tutti l’avevano capito, ma, tranne la Fiom, tutti hanno fatto finta di niente. E le complicità sindacali e politiche, di destra e di sinistra, hanno permesso di vendere la Fiat alla Chrysler senza muovere un dito. Ora il sindaco di Torino e gli esponenti del Pd si mostrano preoccupati, ridicolo, troppo tardi, dovevano farlo quando Marchionne imponeva agli operai di Mirafiori di rinunciare al contratto e alla libertà pur di lavorare.
E adesso? E adesso che il nuovo accordo separato sul pubblico impiego svillaneggia la Cgil? Solo pochi giorni fa il direttivo della federazione aveva varato una proposta sulla rappresentanza e la democrazia sindacale che doveva servire a ricostruire l’unità con Cisl e Uil. La risposta è stata questo accordo separato condito da insulti e prese in giro. La trattativa è stata fatta da Cisl Uil e governo e l’accordo pure, alla Cgil è stato solo riservato il compito di sottoscrivere ciò che gli altri avevano già deciso.
E adesso? E adesso che ancora una volta Berlusconi riesce a reggere la baracca scandalosa del suo governo puntellandola con l’attacco alla Costituzione e ai diritti sociali? Ancora una volta il presidente del consiglio riesce a sfuggire agli scandali rilanciando la sua politica liberista, il federalismo, la cancellazione dei diritti del lavoro e di quelli sociali. Su questo piano trova sempre consenso, una volta la Cisl un’altra la Confindustria, un’altra ancora la finanza, e soprattutto non trova mai una vera opposizione. Si può seriamente essere credibili in questo ruolo, quando si propone, come ha fatto il segretario del Pd, di approvare il federalismo se va via Berlusconi? Si può davvero pensare di scalzare il presidente del consiglio se ci si vuole alleare con chi ne ha approvato sostanzialmente la politica o addirittura con chi, come Tremonti e Bossi, quella politica sostiene e rilancia?
Questo è lo stato confusionale in cui versa l’opposizione, ma la Cgil, purtroppo, non sta meglio. Nell’ultima assemblea dei delegati della Fiom, tenutasi a Cervia, il segretario confederale Scudiere è stato duramente contestato dalla sala. Ma ha avuto il pregio di dire la verità. La Cgil non vuol fare lo sciopero generale perché spera ancora di ricostruire l’unità con Cisl e Uil e, udite udite, di sottoscrivere un “patto per la crescita” con la Confindustria. Con quella stessa Confindustria che si è affrettata a sostenere l’analoga proposta lanciata da Berlusconi. Se si vuol capire perché la Cgil prende schiaffi nelle piazze e ai tavoli di trattativa e rischia di essere marginale ovunque, si deve assegnare la giusta responsabilità a questa scelta. La Cgil è in uno stato di passività perché insegue una politica che non esiste più. Perché il gruppo dirigente ignora una realtà ove la crisi e la svolta autoritaria di Marchionne hanno in pochi mesi cambiato tutte le regole del gioco. Il gruppo dirigente della Cgil, come il partito democratico, gioca una partita che non esiste più e non riesce a capire qual è la partita che è davvero in campo. Che è quella che vede lo scontro con l’aggressione liberista e autoritaria al lavoro, allo stato sociale, alla democrazia.
Milioni di persone, attorno alla Fiom, hanno capito che questo è il conflitto vero e da tempo chiedono alla Cgil di fare il proprio dovere. Rinviare ancora lo sciopero generale adesso non sarebbe solo indice di confusione e incapacità, ma un vero e proprio atto di ignavia politica da contrastare con tutte le forze.
Giorgio Cremaschi (per Liberazione)